Contro lo schema di Decreto Legislativo in materia di Foreste e filiere forestali (nuovo Testo Unico delle Foreste o Nuovo Codice Forestale), che il Governo sembra avere intenzione di approvare “in extremis” a pochissimi giorni dalle elezioni, insorgono più di 250 professori universitari di botanica e zoologia, alla cui iniziativa si sono rapidamente aggiunti docenti di selvicoltura, geologia, difesa del suolo, idraulica forestale e diritto ambientale.
Da Bolzano a Catania, i ricercatori italiani che studiano gli ecosistemi forestali hanno sottoscritto un appello promosso dal prof. Goffredo Filibeck dell’Università degli Studi della Tuscia e diffuso dal “Comitato Terra – Territori Attivi” che – ci tengono a rimarcare – “è strettamente scientifico ed estraneo ad ogni riferimento elettorale”, e servirà a chiedere al Governo di non approvare il Decreto sul Nuovo Codice Forestale e al Presidente della Repubblica di non firmarlo, perché non fondato su basi scientifiche e dannoso per le foreste.
AREE PROTETTE IN SILENZIO – Nel frattempo, proprio il Comitato, ha riunito tutti nel gruppo facebook “Se i boschi potessero parlare – No al Testo Unico Forestale”, che nel giro di 4 giorni ha raggiunti i 1.700 iscritti. E questa mattina, parte il nuovo affondo: “In questo panorama è assordante il silenzio di Parchi e Aree Protette (di cui peraltro non v’è traccia nell’appello ndr) nonché delle storiche associazioni ambientaliste nazionali che sembrano essere in tutt’altre faccende affaccendate. Per non parlare dell’assenza totale di questi temi in sede di dibattito pre-elettorale, come se le foreste non fossero un bene fondamentale per il Pianeta intero ma un accessorio decorativo da modificare a piacimento e per esigenze totalmente antropiche”.
L’APPELLO – Fra i firmatari dell’appello numerose le firme di scienziati di grande esperienza e riconosciuta autorevolezza: lo zoologo Luigi Boitani, fra i maggiori esperti di conservazione della fauna in Italia; il botanico Franco Pedrotti, uno dei “padri” dei criteri scientifici per la conservazione della natura in Italia; l’ecologo forestale Marco Carrer, fra i massimi esperti italiani di effetti del cambiamento climatico sulle foreste; e numerosi italiani che lavorano in istituzioni di ricerca estera di grande prestigio, come Marco Ferretti, capo dell’unità di ricerca sulla gestione forestale dell’istituto federale WSL della Svizzera.
I principi ispiratori del Decreto lasciano basiti i docenti universitari: “Il testo parte dalla premessa, paradossale e contraria all’evidenza scientifica, che le foreste abbiano necessariamente bisogno di una “manutenzione”, ossia di essere soggette a tagli, all’apertura di strade e ad altri interventi, per prevenire il dissesto idrogeologico e gli incendi”, sottolinea l’ecologo forestale Gianluca Piovesan, professore ordinario di selvicoltura e uno degli artefici del riconoscimento delle faggete secolari italiane come Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO. “Si torna indietro di secoli con principi gravissimi – continua Piovesan –, come l’articolo che consente alle Regioni di procedere al taglio forzoso di boschi privati se il proprietario li lascia invecchiare”.
“Una norma sconcertante” concorda il botanico ed ecologo Alessandro Chiarucci, professore ordinario a Bologna, noto a livello internazionale per i suoi studi sulla biodiversità: “Sembra davvero grave, oltre che infondato dal punto di vista scientifico, equiparare i boschi che hanno “superato il turno” ai terreni agricoli abbandonati”. I boschi, infatti, a differenza delle colture agrarie, sono sistemi autosufficienti, che se lasciati indisturbati progrediscono verso una struttura più complessa e producono benefici ambientali crescenti. “Tra l’altro, con gli attuali prezzi irrisori della legna, dove si prenderebbero i soldi per sostenere questa strana “economia forestale sovietica”?” si stupisce Fabio Clauser, decano dei forestali italiani.
Insomma, un appello molto partecipato dagli esperti. “La produzione di legna e legname dai boschi è un’attività economica fondamentale: non vogliamo certo eliminarla dal territorio. Ma se si vogliono rendere i tagli molto più facili per ragioni economiche, allora si abbia il coraggio di dirlo e si lascino perdere ragioni pseudo-scientifiche”, concludono i promotori dell’appello, che chiedono l’apertura di un tavolo interdisciplinare.