L’origine di lucertole e serpenti va retrodatata di circa 75 milioni di anni, ed è documentata da un piccolo rettile, Megachirella wachtleri, rinvenuto quasi 20 anni fa nelle Dolomiti e oggi riscoperto grazie a tecniche all’avanguardia nel campo dell’analisi 3D e della ricostruzione delle parentele evolutive. Lo dimostra una ricerca paleontologica internazionale cui ha partecipato il MUSE – Museo delle Scienze di Trento, in collaborazione con il Centro Internazionale di Fisica Teorica Abdus Salam di Trieste, il Centro Fermi di Roma ed Elettra – Sincrotrone Trieste. I risultati sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista scientifica Nature, che dedica alla ricerca anche l’immagine di copertina e questa mattina, si tiene presso il Muse la conferenza stampa di presentazione in diretta streaming.
Il team internazionale ha identificato in Megachirella wachtleri – un piccolo rettile vissuto circa 240 milioni di anni fa nelle attuali Dolomiti – la lucertola più antica al mondo – fornendo informazioni chiave sull’evoluzione di lucertole e serpenti moderni. I dati – ottenuti tramite tecniche di ricostruzione tridimensionale (3D) e analisi delle sequenze di DNA – suggeriscono che l’origine degli “squamati” ovvero il gruppo comprendente lucertole e serpenti, sia ancora più antica, da collocarsi oltre 250 milioni di anni fa, prima della più profonda estinzione di massa della storia.
LE CARATTERISTICHE DELL’ESEMPLARE RINVENUTO
“L’esemplare è 75 milioni di anni più vecchio di quelle che pensavamo fossero le più antiche lucertole fossili al mondo”, ha spiegato Tiago Simões, dell’Università di Alberta, Canada, primo autore della ricerca, “e fornisce informazioni preziose per comprendere l’evoluzione di tutti gli squamati, viventi ed estinti”.
“La mole di dati elaborati è tale da non lasciare dubbio circa l’affidabilità del risultato ottenuto – sottolinea Massimo Bernardi, paleontologo del MUSE di Trento. “Questo piccolo rettile, che credo possa a buon titolo essere considerato tra i più importanti resti fossili mai rinvenuti nel nostro Paese, sarà da oggi un riferimento per i paleontologi e per tutti coloro i quali studieranno o racconteranno l’evoluzione dei rettili. Megachirella è una sorta di Stele di Rosetta, una chiave per la comprensione di una vicenda evolutiva che ha condizionato per sempre la storia della vita su questo pianeta”.
LA TECNICA D’INDAGINE
Oggi il nostro pianeta è abitato da circa 10.000 specie di lucertole e serpenti, quasi il doppio delle specie di mammiferi. Nonostante questa diversità, fino a ora, l’origine e le prime fasi dell’evoluzione di questi rettili erano rimaste avvolte nel mistero.
Rinvenuta nei primi anni 2000 nelle Dolomiti del Trentino–Alto Adige, Megachirella era stata interpretata come un enigmatico rettile simile a una lucertola. L’impossibilità di estrarre il reperto dalla roccia che lo contiene e la scarsità di materiale di confronto, non aveva tuttavia consentito di ricostruire con precisione le sue parentele evolutive rispetto agli altri rettili. Per comprenderne meglio l’anatomia, Megachirella è stata analizzata mediante microtomografia computerizzata a raggi X (microCT) presso il Laboratorio Multidisciplinare dell’Abdus Salam International Centre for Theoretical Physics (ICTP) in collaborazione con Elettra Sincrotrone Trieste. La tecnica di microCT è simile ai sistemi TAC ospedalieri ma con un dettaglio di gran lunga maggiore e consente di produrre un modello 3D virtuale delle parti esterne e interne dei campioni analizzati con risoluzione micrometrica. Permette inoltre di separare virtualmente componenti diverse, come ad esempio un fossile dalla sua matrice rocciosa.
“Quando i colleghi del MUSE hanno portato ad Elettra il fossile di Megachirella ero entusiasta per questa opportunità e al tempo stesso consapevole delle difficoltà tecniche che un’analisi mediante microCT poteva comportare” – racconta Lucia Mancini, ricercatore presso Centro di ricerca internazionale Elettra. “Grazie alla collaborazione con l’ICTP e applicando opportuni strumenti di analisi delle immagini 3D, siamo però riusciti a separare virtualmente lo scheletro dalla roccia”. “Appena abbiamo visualizzato i risultati dell’analisi, ci siamo resi conto che eravamo i primi, dopo milioni di anni, a poter osservare la faccia ancora nascosta di Megachirella, ossia quella inglobata nella roccia: una grande emozione” aggiunge Federico Bernardini, ricercatore dell’ICTP e del Centro Fermi.
I dati ottenuti grazie all’imaging virtuale sono stati integrati nel più grande dataset mai compilato comprendente lucertole, serpenti e loro stretti parenti e analizzati grazie a metodi all’avanguardia capaci di ricostruire le relazioni di parentela tra le specie. E così il piccolo rettile, fino ad oggi enigmatico, è stato con precisione collocato sull’albero della vita, risultando essere il più antico squamato conosciuto.
Grazie alla spettacolare ricostruzione di Megachirella in vita – realizzata dal pluripremiato paleoartista milanese Davide Bonadonna – la ricerca ha inoltre conquistato la copertina della rivista, che da vent’anni non dedicava ad un fossile italiano la propria prestigiosa immagine di apertura.