Roma – “Olio Italico” è l’etichetta ufficiale a seguito dell’accordo Federolio, Unaprol e Coldiretti; quest’ultima accusata fra l’altro di svendere l’extravergine nostrano a 4€. Si tratta di un “accordo di filiera” per cui l’oliva, transitando per il frantoio, arriva in bottiglia.
La bottiglia conterrebbe un blend, cioè una miscela, una mescolanza, un miscuglio di spremute d’olive di diverse provenienze: 50% (oppure 30?) italiane ed il resto di Paesi europei. E santificherebbe il danno al Made in Italy e l’inganno al consumatore.
Ma quest’accordo di filiera non ha soddisfatto tutte le innumerevoli sigle delle organizzazioni che si aggirano sul pianeta dell’oro verde.
E’ scontro fra Assitol e Federolio; CNO arriva a scrivere che Coldiretti svende extravergine mentre, presa in mezzo, Unaprol difenda a spada tratta l’accordo. Confagricoltura diffonde un comunicato di Agrinsieme – della quale fa parte – in cui si può leggere: “Dopo tante battaglie contro l’italian sounding e in difesa del made in Italy sorprende la volontà da parte delle organizzazioni firmatarie di “evocare” un’origine che non c’è”. Agrinsieme non entra nel merito dell’accordo siglato ma nel preannunciato uso del nome “italico”, che fa leva su una caratteristica di provenienza che il prodotto non possiede, se non in parte. “Il settore olivicolo italiano, spesso sotto accusa – aggiunge il Coordinamento di Cia-Agricoltori italiani, Confagricoltura, Copagri e Alleanza delle Cooperative Agroalimentari – necessita di proposte che siano il più possibile chiare e trasparenti agli occhi dei consumatori. Agrinsieme rimarca che, dal punto di vista della definizione della categoria di olio, il prodotto frutto dell’accordo rimane un blend di oli comunitari e come tale va indicato in etichetta, commercializzato e promosso. I consumatori meritano indicazioni veritiere e non ingannevoli”.
“Mi pongo soltanto una domanda. La nuova classe politica del Mipaaf, leggendo queste notizie, si rende conto che l’estrema frammentazione dell’olio italiano, danneggia sia l’immagine del Made in Italy, che l’intero comparto dell’olivicoltura italiana?”. Questo quanto affermato fra l’altro dal prof. Paolo Mariani, presidente della Filiera Olivicola Olearia Italiana, nel corso di una intervista ad Agricolae. Precisando poi che: “In Italia, con un’impresa olivicola media di un ettaro e trenta e un frazionamento sul territorio di circa 4500 frantoi e molte imprese di imbottigliamento di carattere medio-piccolo, tranne qualche eccezione, occorre una base di rappresentanza che lavori in sinergia con tutta la filiera e con gli enti pubblici, invece che una frammentazione di rappresentanza all’interno del settore, che divide la filiera indebolendola rispetto ai competitor Ue ed extra Ue. Queste separazioni danneggiano l’immagine del prodotto olio Made in Italy ”.
Capito quanti blend? O meglio, quante miscele, misture, fusioni di sapere, di suoni e di colori. Di miscugli del nostro “ oro verde”!