Una filiera miliardaria ma controllata e migliaia posti di lavoro.
Roma – L’ approvazione della legge 242 per il sostegno e la promozione della coltivazione della canapa, o cannabis sativa, risale al due dicembre 2016. Da quel giorno su tutta la filiera si è riversata una moltitudine impensabile di interessi.
Una massa di pareri e dichiarazioni pro o contro da costituire una specie di clima caotico. Anche perché la 242 è ancora orfana dei cosiddetti decreti attuativi e “le decisioni spettano al Governo”, dice la Ministra della Salute. Ma soprattutto perché è esploso il problema: dove poi vendere ed acquistare la canapa light?
Il Consiglio Superiore della Sanità ha espresso una seria preoccupazione. Anzi è del parere di chiudere tutte le rivendite dove potrebbe svilupparsi l’equazione canapa light = marijuana. Intanto Coldiretti si offre al business della coltivazione, trasformazione e commercio della cannabis a scopo terapeutico che – per soddisfare i bisogni dei pazienti – potrebbe avvenire anche in Italia e garantire un reddito di 1,4 miliardi e almeno 10mila posti di lavoro nel percorso dai campi ai flaconi.
Il presidente Roberto Moncalvo assicura: “L’agricoltura italiana è oggi pronta a collaborare per la creazione di una filiera controllata capace di far fronte a una precisa richiesta di prodotti per la cura delle persone affette da malattia. Si tratta anche di un progetto innovativo che potrebbe vedere il nostro Paese all’avanguardia nel mondo e, prendendo lo spunto dalla notizia secondo la quale l’Italia ha aumentato del 50% l’importazione di cannabis terapeutica dall’Olanda, ha aggiunto: “Solo utilizzando gli spazi già disponibili nelle serre abbandonate o dismesse a causa della crisi nell’ortofloricoltura, la campagna italiana può mettere a disposizione da subito mille ettari di terreno in coltura protetta. Si tratta di ambienti al chiuso dove – precisa – più facilmente possono essere effettuate le procedure di controllo da parte dell’autorità preposte per evitare il rischio di abusi. Una opportunità che va attentamente valutata per uscire dalla dipendenza dall’estero e avviare un progetto di filiera italiana al 100 per cento che unisce l’agricoltura all’industria farmaceutica. Una prima sperimentazione che potrebbe aprire potenzialità enormi se si dovesse decidere di estendere la produzione in campo aperto nei terreni adatti “. Naturalmente sotto lo stretto controllo dei Carabinieri Forestali.