In vista dell’entrata in vigore della norma sugli scarti di pesce – 1/1/2019 – il WWF propone soluzioni per i pescatori contro lo ‘spreco alimentare’ di pescato. Ogni anno oltre 7 milioni di tonnellate di pesce vengono rigettate in mare a livello globale.
Gli stati membri hanno avuto 5 anni per attuare misure nell’ambito dell’ultima versione della politica comune della pesca (PCP), ma sono ancora in ritardo e rischiano di mancare importanti scadenze del 2020 per la conservazione della biodiversità e la gestione sostenibile della pesca. Questo è il risultato di un nuovo rapporto del WWF lanciato in occasione del Fish Forum – che si sta svolgendo in questi giorni a Roma presso la FAO: il rapporto illustra l’implementazione da parte dei decisori chiave di UE e Stati membri degli articoli chiave della PCP. Complessivamente, i lavori degli Stati membri per attuare la PCP sono profondamente insoddisfacenti e le strategie nazionali per il mare hanno finora mancato l’obiettivo sulle disposizioni in materia di pesca sostenibile, ecosistemi marini sani e resilienti e conservazione della biodiversità. Il rapporto del WWF comprende dati individuali per ciascuno stato membro dell’UE. Solo una delle 46 azioni della politica comunitaria valutate dal WWF è stata realizzata da tutti gli stati membri, ovvero l’istituzione di un sistema amministrativo per la registrazione dei pescherecci. La metà delle azioni (24) è stata compiuta solo parzialmente, mentre le altre non sono state ancora affrontate. Il WWF ha anche valutato le azioni della Commissione europea – e i risultati sono più incoraggianti – poiché risulta aver realizzato quasi la metà delle azioni di attuazione per la PCP, guadagnando il 47% del punteggio massimo possibile.
Samantha Burgess, dell’Ufficio per le politiche europee del WWF, ha dichiarato: “Gli Stati membri dell’UE hanno avuto molto tempo per attuare le norme della nuova PCP , ma hanno dimostrato un’inaccettabile mancanza di volontà politica verso la gestione sostenibile della pesca. La pesca europea sta affrontando sfide senza precedenti, con livelli elevati di sovrasfruttamento, distruzione degli habitat marini, impatti del cambiamento climatico, con attività illegali e cattiva gestione del settore della pesca. Questa tendenza distruttiva deve essere urgentemente invertita, specialmente nelle comunità costiere in cui la pesca contribuisce al sostentamento e alla sicurezza alimentare”.
Il WWF punta l’attenzione anche sulla prossima scadenza dettata dalla politica comunitaria: dal 1° gennaio 2019, infatti, entrerà in vigore l’obbligo di sbarco da parte di tutti gli Stati membri dell’UE, in base al quale i pescherecci sono tenuti a conservare e sbarcare tutte le catture di pesce, comprese quelle di pesci sottotaglia o fuori quota, per abolire la pratica del rigetto in mare delle catture indesiderate. Oltre 7 milioni di tonnellate di pesce vengono rigettate in mare ogni anno a livello globale (fonte FAO). Le analisi del WWF hanno rilevato che le esenzioni concesse dalla CE, che consentono agli operatori di scartare fino al 7% delle loro catture, sono aumentate del 300% tra il 2017 e la fine del 2018. L’introduzione graduale dell’obbligo di sbarco verso la scadenza di gennaio non ha ridotto gli scarti, né ha apportato le necessarie modifiche per rendere le pratiche di pesca più sostenibili. Il WWF esorta quindi gli Stati membri a investire i fondi della pesca dell’UE nell’adozione di soluzioni tecniche che possano aumentare la selettività degli attrezzi di pesca e ridurre le catture indesiderate. L’unica soluzione praticabile sia migliorare la selettività degli attrezzi e pescare nelle zone che generano catture indesiderate basse. Il WWF chiede ai responsabili politici di sostenere i pescatori attraverso questa importante transizione e rendere la selettività la priorità per la pesca europea. Maggiori informazioni sulle richieste del WWF sull’obbligo di sbarco qui. Tra le soluzioni proposte dal WWF, nell’ambito del progetto europeo Minouw – http://minouw-project.eu/, che coinvolge enti di ricerca e pescatori, sono state identificate diverse soluzioni tecniche, alcune delle quali hanno già dato risultati incoraggianti.
Dalle flotte dell’Argentario a quelle di Mazara del Vallo, dal Portogallo alla Spagna, i pescatori sono stati coinvolti nella sperimentazione di reti per la pesca ai gamberi dotate di luci colorate o di speciali griglie di metallo capaci di scartare i gamberi più piccoli prima che entrino nel sacco finale della rete. Oppure, visori notturni per identificare in tempo reale gli stock di dimensioni troppo ridotte e anche reti “sentinella”, tramagli modificati capaci di risparmiare invertebrati non commerciabili e diminuire la percentuale di pesci commerciabili danneggiati. Finora tutti gli studi hanno verificato una riduzione significativa di pesci sotto-taglia e una riduzione dei costi di trattamento e pulizia del pescato senza impattare sui costi di attrezzature che in questi casi vengono solo modificate e non sostituite. Ad esempio, la rete ‘illuminata’ sperimentata nell’Argentario per la pesca ai gamberi ha ridotto del 75% il pesce sottotaglia, mentre le griglie testate nella pesca a strascico siciliana hanno permesso di ridurre i gamberi e i naselli sotto-taglia rispettivamente del 31% e del 20%. Per quanto riguarda i tramagli utilizzati nella pesca artigianale, le modifiche con le reti “sentinella” testate per la prima volta dai pescatori toscani hanno garantito grandi miglioramenti nella pesca in Catalogna e Algarve. Il tramaglio sperimentato in Catalogna, ha catturato solo un quarto di pescato di scarto rispetto alle reti tradizionali e al tempo stesso ha prodotto il 32% di catture in più di specie commerciabili e nel caso della specie ‘target – la seppia – la resa di pesca è aumentata del 95%. I pescatori di sogliole di Algarve, in Portogallo, invece hanno ridotto lo scarto fino al 45%.