Torna il lupo nelle aree protette del Po’ torinese. La conferma viene dal ritrovamento del DNA di una lupa proveniente dalla Valle d’Aosta su di una pecora predata sulla Collina torinese e dagli avvistamenti di alcuni esemplari nel territorio da Castelnuovo Don Bosco a Buttigliera d’Asti a Casalborgone e comuni limitrofi, nonché di alcune predazioni.
“È una notizia che deve essere innanzitutto salutata con la massima soddisfazione e gioia per la biodiversità dei sistemi ambientali ed ecologici dei rilievi collinari tra Torino e Asti – ha dichiarato il direttore Ippolito Ostellino – alla quale occorre anche far seguire tutte le utili informazioni al pubblico ed agli operatori del territorio, in merito alle misure da adottare da garantire la convivenza con questa importante specie, che grazie alle fototrappole installate dai Guardiaparco si è potuto verificare la sua presenza nel territorio del SIC del Bosc Grand in gestione al nostro ente”.
Come ha giustamente dichiarato la Città Metropolitana in un suo comunicato sulla presenza del lupo nell’area torinese: “Nelle vallate alpine del Torinese, il lupo è una presenza stabile da più di 30 anni: il suo ritorno è un fenomeno naturale, conseguente allo spopolamento delle aree montane e al riaffermarsi di ambienti più naturali. Non è in alcun modo frutto di reintroduzioni o ripopolamenti. I branchi, costituiti mediamente da 4-5 individui, difendono un proprio territorio di circa 250 kmq entro il quale “lupi estranei” non sono ben accetti. Questo comportamento determina due conseguenze: il numero di individui in una certa area tende a rimanere costante nel tempo e i giovani devono cercare nuovi luoghi in cui insediarsi, spingendosi verso valle. Non c’è da allarmarsi, anzi: il ritorno di un grande predatore è indice di un ambiente naturale ricco e diversificato. Il lupo mangia animali selvatici e, dove può, animali domestici; teme l’uomo e lo fugge perché lo considera un predatore. E, a pensarci bene, non ha tutti i torti, considerato che l’abbiamo perseguitato per centinaia di anni, tanto da rischiare di determinarne l’estinzione.”