“Visto che il governo ha lasciato cadere la delega votata dal Parlamento nel 2017 e intende ricominciare tutto da capo con una nuova delega, almeno stabilisca un termine tassativo di due-tre anni per il superamento dell’utilizzo degli animali nei circhi e vieti prima possibile le “esposizioni” di animali al seguito delle compagnie circensi, in condizioni inconcepibili per qualunque zoo”. Lo chiede l’Intergruppo parlamentare per i diritti degli animali, presieduto dall’on. Michela Vittoria Brambilla, che oggi ha ascoltato, sul tema, il professor Gustavo Gandini, ordinario di genetica animale all’Università di Milano.
“A chiedere la fine dell’utilizzo degli animali nei circhi – sottolinea Gandini – non sono solo le associazioni animaliste, ma la stessa commissione Cites, presieduta dal ministro dell’Ambiente, almeno per le specie, dicono le linee-guida del 2006, “il cui modello gestionale non è compatibile con la detenzione in una struttura mobile”, e la Federazione europea dei veterinari, nel 2015. Numerosi paesi europei hanno già compiuto questa scelta. Quanto al benessere degli animali nei circhi, va innanzitutto respinta la pretesa di misurarlo con parametri metabolici e fisiologici, che poco significano e possono anzi essere fuorvianti. Basta il criterio delle 5 libertà identificate fin dal 1965 dal Brambell Report (libertà dalla fame e dalla sete, di avere un ambiente fisico adeguato, dal dolore e dalle malattie, di manifestare le proprie caratteristiche comportamentali, dalla paura e dal disagio) per concludere che, data la sua stessa natura, l’attività circense non può assicurare tutte e cinque le libertà. In particolare – prosegue Gandini – destano preoccupazione le condizioni degli animali nelle mostre itineranti al seguito degli zoo: inaccettabili per qualsiasi giardino zoologico propriamente detto, che perderebbe subito la licenza, ma tollerate nello spettacolo viaggiante anche se non sempre gli animali esposti partecipano agli show. La collocazione degli esemplari dismessi, infine, non è un problema insormontabile, come i controinteressati tendono a far credere: gli animali sono di proprietà privata e quindi lo Stato non dovrebbe sostenere grandi spese per mantenerli, ma limitarsi a fornire, tramite una commissione di tecnici, consulenze sulla migliore destinazione possibile, che nella stragrande maggioranza dei casi sarà comunque migliore della situazione di partenza”. E’ inoltre assurdo, puntualizza il professore, considerare un leone o una tigre nati in cattività come animali ormai “addomesticati”, in quanto la domesticazione è un processo lunghissimo che incide sul patrimonio genetico della specie: “Evidentemente non è il caso di animali i cui “nonni”, per esempio, sono stati catturati in natura”.
Gandini perciò ipotizza una dismissione in tre fasi, da completare “ragionevolmente” in due-tre anni: vietare gli zoo viaggianti, vietare l’utilizzo delle specie più “sensibili” alla vita circense (primati, mammiferi marini, lupi, orsi, giraffe, ippopotami, uccelli, rettili), completare l’operazione con tutte le altre specie.
“Sono considerazioni di assoluto buon senso – conclude l’on. Brambilla – di cui il governo, nel redigere la nuova delega, dovrebbe tenere conto. Personalmente aggiungo che neppure gli animali cosiddetti “domestici” dovrebbero più essere impiegati sotto i tendoni”.