Giovedì 31 gennaio si chiude la stagione venatoria del 2018-19. “Una stagione record per ciò che riguarda i tentativi di deregulation venatoria messi in atto da amministratori e politici delle regioni italiane per favorire i 570.000 cacciatori italiani”, a detta del WWF.
“Molte regioni (Marche, Liguria, Veneto, Lombardia) – prosegue il WWF – hanno approvato nel 2018 leggi regionali palesemente non conformi alle regole nazionali ed europee, con l’unico obiettivo di favorire in maniera illegittima la parte più retrograda del mondo venatorio. Leggi puntualmente impugnate dal Governo dinanzi alla Corte costituzionale, a seguito dei ricorsi delle associazioni di protezione ambientale come il WWF: dall’annotazione ‘fai da te’ sul tesserino venatorio ai contributi a pioggia ad associazioni con la scusa delle “tradizioni venatorie” (Veneto), per arrivare persino alla riproposizione della “caccia in deroga” ai piccoli uccellini (dal peso di pochi grammi) come peppole e fringuelli (Lombardia), nonostante le ripetute bocciature di questa pratica, barbara e illegale, dalla Corte europea di giustizia e dalla Corte Costituzionale Italiana. Dulcis in fundo vanno ricordati anche gli strampalati provvedimenti delle Province di Trento e Bolzano ‘ammazza lupi e orsi’. Anche queste ‘leggine’ – continua il WWF – sono state impugnate prontamente dal Governo, in mancanza del parere positivo del Ministero dell’Ambiente e Ispra. Molte regioni, comprese le 11 che hanno chiesto lo “stato di calamità”, non hanno ritenuto di dover sospendere, anche per un breve periodo, la caccia a seguito dei catastrofici eventi meteo che hanno colpito in autunno l’Italia, come prevede la legge sulla caccia (art. 19). E ancora: tanti, troppi calendari venatori illegittimi contro i quali il WWF Italia ha proposto 12 ricorsi ai Tribunali amministrativi regionali (Abruzzo, Campania, Liguria, Lazio, Marche (3), Sardegna, Sicilia, Toscana, Trento , Umbria): in oltre il 90 per cento dei casi il giudice di primo o di secondo grado ha accolto le tesi degli ‘avvocati del Panda’ basate sulle norme europee e sulle ragioni della scienza, dalla caccia autorizzata nelle aree Natura 2000 (aree di pregiata biodiversità, protette a livello Europeo), a quella nelle aree limitrofe a Parchi nazionali dove vive l’orso marsicano alla mancata richiesta degli obbligatori parere di Ispra (l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) alla totale violazione del “principio di precauzione”. Infine – conclude il WWF – tra i più significativi ‘peccati’ delle regioni va sottolineato l’approvazione di calendari venatori in assenza dei Piani faunistico venatori regionali e provinciali”.
Le Associazioni Venatorie Riconosciute (Federcaccia, Enalcaccia, AnuuMigratoristi, Arcicaccia, Associazione Nazionale Libera Caccia, Italcaccia, Ente Produttori di Selvaggina) e il Comitato Nazionale Caccia e Natura (CNCN), riuniti nella Cabina di Regia Unitaria, commentano la fine della stagione venatoria con un focus relativo alla sicurezza e comunicano i numeri sulle vittime dell’ultimo periodo di caccia. “Sono 12 i decessi accertati durante la stagione 2018-19 – annunciano – con una diminuzione del 33% rispetto a quella precedente. Per maggiore chiarezza, gli incidenti mortali che hanno coinvolto i cacciatori sono stati 10 (83% del totale), mentre quelli che hanno coinvolto i non cacciatori sono stati 2 (17% del totale). Durante lo stesso arco temporale – proseguono – i feriti sono stati 50, con un calo del 17% rispetto al 2017-18. I ferimenti dell’ultima stagione hanno coinvolto per il 74% dei casi cacciatori (37 feriti) e per il rimanente 26% dei casi non cacciatori (13 feriti). Nel commentare tali numeri la Cabina di Regia ribadisce come anche un solo decesso durante la caccia sia inaccettabile, e si impegna a continuare le capillari attività di sensibilizzazione sulla sicurezza, che negli ultimi anni hanno portato ad un costante calo degli incidenti, nonostante campagne informative ideologicamente avverse abbiano generato una distorta percezione del tema. A tal proposito risulta altrettanto innegabile che qualsiasi attività umana, anche quella apparentemente più sicura, comporti una percentuale di rischio che può essere abbassata, ma non eliminata del tutto. I cacciatori italiani – concludono – inoltre, nel periodo in cui è consentita l’attività venatoria rigidamente regolata e sostenibile dal punto di vista scientifico, sono impegnati quotidianamente a tutela della biodiversità, gestendo territorio, ambiente e fauna, vigilando contro il bracconaggio, operando al servizio delle pubbliche amministrazioni a titolo gratuito in operazioni di controllo e ripristino ambientale”.