Almeno il 70 per cento della superficie agricola dell’Unione Europea (coltivazioni, seminativi, prati per foraggio e pascoli) è destinata all’alimentazione del bestiame. Escludendo dal calcolo i pascoli, oltre il 63 per cento delle terre coltivabili viene utilizzato per produrre mangime per gli animali invece che cibo per le persone. Sono questi i risultati del nuovo rapporto di Greenpeace “Soldi pubblici ‘in pasto’ agli allevamenti intensivi”, pubblicato oggi.
I ricercatori incaricati da Greenpeace hanno calcolato che in Europa 125 milioni di ettari di terra sono utilizzati per produrre mangimi o per il pascolo. Tenendo conto dei pagamenti della Politica Agricola Comune (PAC) basati sulle dimensioni delle aziende nonché dei sussidi che sostengono direttamente la produzione di bestiame, Greenpeace ha stimato che annualmente tra i 28 e i 32 miliardi di euro di pagamenti diretti vanno al settore dell’allevamento, rappresentando circa il 18-20 per cento del bilancio totale dell’Unione. «Gli scienziati avvertono che dobbiamo diminuire drasticamente la produzione di carne per evitare disastrose conseguenze per l’ambiente, la salute e il clima, ma i sussidi della PAC, invece di incentivare gli agricoltori verso un’agricoltura più ecologica stanno spingendo in una direzione pericolosa. A questo si aggiunge la mancanza di informazioni ufficiali sull’ammontare complessivo dei sussidi PAC destinati alla zootecnia, che è sintomatico di una preoccupante opacità del sistema», dichiara Federica Ferrario, responsabile campagna Agricoltura e Progetti speciali di Greenpeace Italia.
Secondo i dati Eurostat, circa il 72 per cento degli animali allevati in Europa proviene da aziende intensive di grandi dimensioni. Il numero totale di allevamenti è diminuito di 2,9 milioni, ovvero di quasi un terzo, tra il 2005 e il 2013 a scapito solo delle aziende più piccole. L’Italia, per esempio, tra il 2004 e il 2016 ha perso oltre 320 mila aziende (un calo del 38 per cento), ma il numero delle aziende agricole molto grandi è aumentato del 21 per cento, e di quelle grandi del 23 per cento. «Le aziende agricole di piccole dimensioni stanno scomparendo a ritmi allarmanti e il denaro pubblico aiuta quelle di dimensioni maggiori a crescere sempre più. Un ciclo perverso che deve finire», aggiunge Ferrario. «Questo è il momento per invertire la rotta, ce lo chiede il Pianeta e i governi nazionali e il Parlamento europeo non possono non tenerne conto nella negoziazione della prossima Politica Agricola Comune, che riguarderà il periodo 2021-2027», conclude Ferrario.