Un gruppo di associazioni in Abruzzo si solleva contro i nuovi impianti proposti sull’ultimo versante intatto del Monte Magnola, nel Comune di Ovindoli e in un’area del Parco Regionale Sirente-Velino, destinata a diventare Riserva integrale dallo stesso piano del parco, che aspetta di essere però approvato da piu’ di 25 anni.
Tra di loro le associazioni Lipu, Italia Nostra, Club Alpino Italiano e Salviamo l’Orso.
“Il 29 di Gennaio scorso – fanno sapere in una nota – la Commissione regionale per la Valutazione di incidenza ambientale (CCR-VIA) dopo aver ricevuto una lettera del Ministero dell’Ambiente che chiede chiarimenti, ha rimandato ad una nuova seduta l’approvazione o il divieto del progetto di realizzazione di nuovi impianti da sci in Loc. Campi della Magnola e Valle delle Lenzuola, ultimi lembi intatti del Monte Magnola in comune di Ovindoli (AQ) e nel Parco Regionale Sirente-Velino. In un’area a massima densità di impianti da sci (Campo Felice e il complesso Ovindoli-Monte Magnola) non si sente alcun bisogno di un’ulteriore meccanizzazione della montagna in aree sottoposte non solo ai vincoli del parco ma ancora più importante a quelli della Rete Natura 2000, la rete europea di territori protetti dalla Direttiva HABITAT che se violati, porterebbero all’apertura di una procedura d’infrazione comunitaria contro la Regione e il nostro paese con le relative pesantissime sanzioni che pagheremmo noi cittadini e non i gestori dei nuovi impianti”.
E “Salviamo l’Orso” non risparmia l’affondo politico: “Progetti vecchi di decenni, periodicamente tirati fuori dai cassetti e riproposti come grandi novità mentre le grandi novità, quelle vere, passano senza che nessun politico locale se ne accorga. Stiamo perdendo un’occasione dietro l’altra, i finanziamenti per Natura 2000, gli investimenti in capitale naturale, azioni che potrebbero portare una boccata d’ossigeno ai territori ed ai comuni del nostro Appennino”. E prosegue: “Ovindoli e tutto l’altopiano godono di una florida economia turistica e gli impianti esistenti sono un pezzo del mosaico di un’ampia offerta turistica, essi insistono su una parte della montagna che ha già pagato un pesante tributo alla presenza dell’uomo ed alle sue attività , basta solo osservarla d’estate, arida e spelacchiata nel suo reticolo di piste che la fanno sembrare una cava a cielo aperto”.
“Perché dunque – si chiedono dall’Associazione – estendere questo scempio anche a ciò che resta ancora relativamente incontaminato?”