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Lupi e fake news: i Castelli Romani fanno chiarezza
L

La striscia

A cura del Parco dei Castelli Romani.

Nell’Area Naturale Protetta dei Castelli Romani è registrata e monitorata da anni, come più volte comunicato dallo stesso Ente Parco alla cittadinanza, la presenza del Lupo. Il Parco, ritenendola una presenza significativa dal punto di vista ecologico, è particolarmente cosciente dei conflitti reali e potenziali con le attività zootecniche che questa convivenza può generare: per questo ha attivato e ha in programma azioni che sono mirate a ridurre ogni possibile forma di aggressività reciproca.
In questo quadro, distinto da un bisogno di risposte certe e urgenti ma anche di desiderio di pacificazione delle ostilità, il crescendo di notizie giornalistiche dai toni allarmistici, diseducative e dai contenuti a volte irrealistici non aiuta gli sforzi profusi dal Parco e dalle altre realtà territoriali che accolgono con favore il graduale ripristino degli equilibri naturali dovuto al ritorno del Lupo e degli ungulati selvatici, sue prede principali.

È notizia della settimana scorsa, ad esempio, la pubblicazione su “Il Messaggero” di un articolo che, con tanto di video e fotografie, avverte della “presenza di lupi sempre più affamati e aggressivi sui monti Semprevisa (sui Monti Lepini, adiacenti ai Colli Albani, n.d.r.) che sbranano i loro greggi” e, addirittura, di un mandriano che avrebbe “girato anche un video dove si vede un branco di lupi che cattura un grosso maiale di allevamento al pascolo nei boschi sui monti della Semprevisa in pieno giorno”. In realtà, il video è stato ripreso il 3 marzo 2016 in un’altra regione italiana e, addirittura, ha vinto a Badia di Moscheta a Firenzuola il Concorso Nazionale di Fototrappolaggio 2016. Peraltro, l’animale aggredito non è un grosso maiale di allevamento, bensì un giovane cinghiale, cioè una delle classiche prede naturali del Lupo in natura. Dove sarebbe lo stupore? Senza considerare che, in ogni caso, il pascolo brado dei maiali nei Monti Lepini, cioè in una Zona Speciale di Conservazione ai sensi del vigente ordinamento comunitario, è una pratica contraria alla legge. Nel medesimo articolo si legge, inoltre, della predazione nella zona di Rocca Priora, in pieno Parco, di 6 pecore al pascolo. In merito, l’Ente Parco specifica di non avere avuto alcuna notizia diretta e tempestiva del fatto da parte del proprietario (il quale, contattato da un funzionario del Parco per un approfondimento in merito, ha comunque confermato la vicenda) e, dunque, di non poter attivare le misure previste di indennizzo. Nella stessa zona, infatti, alcuni anni addietro fu formalmente denunciata la predazione di pecore e l’Ente Parco erogò una somma congrua a indennizzo. Così come, analogamente, l’Ente Parco indennizza i danni alle colture da parte della fauna selvatica (cinghiali, istrici, ecc.) e fornisce a titolo non oneroso presidi di tutela (recinti elettrificati, reti elettrosaldate, ecc.).

È indubbiamente opportuno che gli allevatori adottino le misure di prevenzione dei danni più volte sollecitate dal Parco quali ad esempio: un ricovero notturno per il bestiame solido e sicuro, l’uso delle zone di pascolo consentite dalla legge, l’ausilio di cani da pastore idonei e bene addestrati, la sorveglianza diretta e costante del pastore. Gli allevatori, in caso di accertati danni al bestiame pascolante, devono attivare immediatamente i veterinari ASL territorialmente competenti e il personale del Parco. Soltanto a seguito di un sopralluogo congiunto e in grado di stabilire l’attendibilità di quanto affermato (al fine di prevenire eventuali tentativi di frode) e di attribuire le cause alla predazione, infatti, si potrà procedere con l’erogazione dell’indennizzo economico. Le azioni concrete e la smitizzazione di certi atavici falsi storici, come quello narrato dalle storie che dovevano spaventare i bambini riguardo al “Lupo cattivo”, renderà possibile un ritorno alla convivenza pacifica. Il solo ricordo storico di una qualche utilità a questo proposito è quello del prelievo incontrollato da parte dell’uomo che ha ridotto la fauna selvatica sul nostro territorio ai minimi livelli attuali e allo squilibrio ecologico che rende possibile il proliferare di prede (cinghiali) in assenza stabile di predatori. Probabilmente, una maggiore collaborazione da parte della stampa locale, consapevole del proprio ruolo informativo, aiuterebbe l’Ente Parco nelle sue funzioni evitando l’allarmismo causato dalla divulgazione di notizie attribuenti alla fauna selvatica sentimenti ad essa ignoti, quali la rabbia e la crudeltà. Come nota di “colore” si ricorda che il Lupo, in Italia, non attacca l’uomo; lo teme e lo fugge in quanto lo riconosce come il pericolo maggiore per la propria incolumità. Non il lupo ha ridotto l’uomo sul punto dell’estinzione negli anni ’70, relegandolo sulle montagne del Parco Nazionale d’Abruzzo e su qualche remoto anfratto dell’appennino calabro, semmai il contrario.

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