Dopo l’allarme lanciato dal Codacons riguardante l’alta concentrazione di pesticidi contenuta nella buccia delle mele e l’annuncio della presentazione di un esposto in procura per accertare eventuali violazioni, l’Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica ricorda che, in controtendenza rispetto al convenzionale, il settore delle mele biologiche italiane è cresciuto del 57% negli ultimi anni passando da 3950 ettari nel 2014 a 6201 ettari nel 2017 (ultimi dati disponibili dal SINAB) e la produzione è passata dalle 47 mila tonnellate del 2014 (stima Ismea) alle 75.000/80.000 t. del 2017 (stima della Fondazione Firab). Un trend che denota quanto la domanda sia forte e in continua espansione.
L’Alto Adige è il primo fornitore nazionale che contribuisce a oltre il 25% dell’intera produzione biologica dell’UE con circa 33 varietà coltivate,con un calcolo di crescita nei prossimi 5 anni di altri 300 ettari in conversione che si tradurranno in circa 60.000 tonnellate di prodotto. Al secondo e terzo posto rispettivamente Veneto e Piemonte.
Se il Codacons, come si legge su alcune agenzie, parla di “più di 10 pesticidi” riscontrati sulla buccia, un articolo uscito sul mensile “Il Salvagente” a gennaio scorso, che ha effettuato proprio un test molto approfondito sulle mele di diversa varietà e provenienti da diversi supermercati, ne conta 14. Entrambi ci dicono che sebbene in nessun caso i residui superino i limiti di legge, bisogna fare attenzione alla loro sommatoria.
Se, come dice il Codacons, “la sommatoria tra i vari pesticidi presenti sulle mele può provocare seri problemi all’organismo umano”, gran parte delle mele biologiche italiane mettono al riparo il consumatore non solo da questi rischi ma anche dal rischio contaminazione OGM. Questo perché molte di esse (in particolare quelle provenienti dalla cooperativa altoatesina Bio Südtirol che conta circa 200 aziende e 600 ettari) sono certificate dal marchio “Garanzia AIAB”, che prevede requisiti più restrittivi rispetto alla regolamentazione comunitaria obbligatoria e che garantisce al consumatore finale, oltre a una catena alimentare completamente bio, all’utilizzo di materie prime italiane al 100% e al rispetto della legalità del lavoro, l’assenza totale di OGM.
“Un punto importante, quest’ultimo – sottolinea Antonio Corbari presidente di AIAB – considerata la cancellazione dell’articolo 18 dal Testo di Legge passato alla Camera e relativo proprio al residuo OGM ammesso”. Il suddetto articolo voleva infatti bandire totalmente il residuo, che invece rimane ammesso fino allo 0,9%, in linea con il Regolamento Europeo.