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I primi mille giorni di vita: epigenetica e prevenzione primaria
I

La striscia

Se ne è parlato lo scorso 21 Giugno al Senato della Repubblica con autorevoli relatori tra cui il presidente della XII Commissione Igiene e Sanità, Pierpaolo Sileri, Maria Domenica Castellone, Marialucia Santoro, Ernesto Burgio, Lucia Migliore, Liborio Stuppia, Daniela Lucangeli, Rodolfo Guzzi, Ettore Caroppo, Giuseppe D’Amato e il Presidente della Società Italiana di Medicina Ambientale (SIMA), Alessandro Miani. In rappresentanza dell’Istituto scientifico ISBEM il ricercatore Prisco Piscitelli che ha orientato la discussione sulla Valutazione precoce del rischio e del danno (individuale o di popolazione) mediante bio-marcatori di danno epigenetico e genetico legato a specifiche esposizioni ambientali. “Parola chiave nella ricerca biomedica e delle sue applicazioni sanitarie – ha appunto dichiarato nel suo intervento Prisco Piscitelli – è “Epigenetica”, cioè la branca della genetica molecolare che studia le modifiche della espressione del DNA senza modificarne la struttura. È importante comprendere la trasformazione concettuale connessa a questo cambiamento del paradigma patogenetico: se le patologie croniche sono essenzialmente il prodotto di uno stress embrio-fetale e comunque di un disturbo della programmazione precoce di tessuti e organi, è evidente, da un lato, che soltanto la messa in atto di strategie di riduzione dell’esposizione materno-fetale ai fattori che possono interferire con questa fase dello sviluppo, permetterebbe di invertire gli attuali trend di crescita delle patologie correlate. Dall’altro, le tradizionali metodiche di ricerca e studio della trasformazione epidemiologica in atto dovrebbero essere trasformate. In particolare, gli studi epidemiologici e tossicologici dovranno sempre più tenere in debito conto l’allungamento dei tempi di latenza tra esposizione a fattori epigeno-tossici ed età di insorgenza delle patologie croniche correlate, destinate a manifestarsi dopo decenni o addirittura nelle generazioni successive. In particolare, tanto gli studi epidemiologici tradizionali che confrontano popolazioni esposte e non esposte, per valutare gli outcome di salute, quanto gli studi tossicologici dovranno – in questa nuova prospettiva – tener conto del fatto che gli effetti più importanti in ambito sanitario potranno manifestarsi dopo decenni e/o nelle generazioni successive a quelle esposte”. Uno studio ad altissimo impatto sulla popolazione. “Per affrontare in modo corretto e lungimirante la prospettiva di un possibile aggravarsi del quadro epidemiologico – ha aggiunto il professore Ernesto Burgio, MD, Scientific Committee ECERI – European Cancer and Environment Research Institute – Bruxelles – è necessario quindi mettere in campo una strategia complessiva che abbia come obiettivo quello di invertire la tendenza innescando una vera e propria trasformazione sociale, culturale e sanitaria, che sia incentrata su prevenzione primaria e diagnosi precoce/precocissima. Per intercettare e ridurre l’incremento continuo di alcune patologie, l’unica strategia efficace è quella di una prevenzione primaria basata sulla riduzione dell’esposizione materna (embrio-fetale), infantile e adolescenziale ad agenti epigeno-tossici al fine di ridurre le modificazioni epigenetiche e genetiche a carico dei gameti e delle cellule in via di differenziazione. È evidente che solo l’attuazione di strategie complessive, interdisciplinari e preventive possa permettere una trasformazione in tal senso dell’intero sistema socio-sanitario”. “Il futuro della salute di un bambino si gioca nei “primi 1000 giorni di vita”, dal concepimento alla nascita fino ai primi due anni di vita”. Tanto ha pubblicato sul suo profilo Facebook Pierpaolo Sileri, il quale ha aggiunto a conclusione dei lavori del convegno odierno che “la parola d’ordine è Prevenzione Primaria contro le malattie non trasmissibili, come obesità, diabete mellito, tumori, malattie metaboliche, cardiovascolari e dello sviluppo neuro-cognitivo poiché la genetica influisce per il circa il 30/35% sulla salute e il restante 65/70% dipende da fattori epigenetici come l’alimentazione (anche della madre in gravidanza), l’ambiente, l’affettività e corretti stili di vita”. Ambiente e salute influenzano quindi l’organismo, l’epigenetica è la risposta strutturata per attrezzarsi e capire come intervenire.

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