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Cimice asiatica: tra frutta e nocciole, nel 2019 danni per più di 300 milioni
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La striscia

Si è tenuta nei giorni scorsi un’audizione presso la XIII Commissione Agricoltura della Camera in cui l’ISPRA è intervenuto sulle iniziative per il contrasto alla diffusione della cimice marmorata asiatica (Halyomorpha halys), insetto di specie esotica per il nostro Paese, osservata per la prima volta nel 2012 in Emilia Romagna, poi segnalata in tutte le regioni italiane; l’insetto proviene da Cina, Giappone, Corea e Taiwan, si alimenta su molte piante, incluse quelle di interesse agricolo e arboreo. Anche in Italia la specie, in breve tempo dall’arrivo, ha causato forti impatti nei frutteti inizialmente in Emilia Romagna, progressivamente in tutto il nord Italia, e più recentemente nel centro del Paese.

La cimice asiatica su una nocciola
La cimice asiatica su una nocciola

La cimice asiatica ha un elevato potenziale demografico e in Italia mostra due cicli riproduttivi completi per singola annualità; produce oltre 200 uova per femmina (numero molto superiore ad altri contesti di presenza) e ha un tempo di sviluppo degli adulti più rapido che in altri Paesi (dati Università di Modena e Reggio Emilia). Tempo di sviluppo, fertilità e mortalità sono strettamente correlati con le condizioni climatiche e negli anni caratterizzati da condizioni particolarmente favorevoli, le popolazioni della specie possono quindi mostrare esplosioni demografiche.
I danni causati dalla cimice asiatica sono rilevanti ed estesi a produzioni agricole molto diversificate. Il principale impatto è sulla produzione frutticola, ma non lo sono meno quelli sui noccioleti; ad esempio in Piemonte nel 2017 sono state registrate perdite del 90% della coltivazione di nocciole. Secondo i dati del Centro Servizi Ortofrutticoli, per il 2019 sono state stimate perdite complessive in nord Italia superiori ai 250 milioni di euro, che potrebbero aver raggiunto i 350 milioni di euro. I danni si stanno estendendo anche al centro Italia ed è prevedibile una progressiva crescita degli impatti economici conseguente all’espansione della cimice asiatica anche alle regioni del meridione.

LE INVASIONI ALIENE
In generale questo gravissimo caso si collega al fenomeno delle invasioni biologiche, ovvero al trasporto operato dall’uomo – accidentalmente o intenzionalmente – di specie al di fuori del loro areale naturale. Tale fenomeno è in forte crescita in tutto il mondo, con tassi di incremento stimati in oltre il 75% in 30 anni e ancora superiori per il nostro Paese (96% in 30 anni). I dati scientifici disponibili indicano che le specie esotiche invasive causano oltre 12 miliardi di euro di danni all’anno in Europa e potranno determinare in futuro perdite all’agricoltura globale per oltre 540 miliardi di dollari/anno.
L’ISPRA segue con estrema attenzione il fenomeno, gestendo la banca dati nazionale specie esotiche ed ospitando le principali banche dati mondiali in materia. I dati raccolti possono permettere di individuare i vettori di arrivo delle specie a maggior impatto, fornendo indicazioni sulle più efficaci misure di prevenzione da attivare.
Il contrasto agli impatti causati dalla cimice asiatica non appare efficace con le tecniche attualmente disponibili a causa dell’elevata tolleranza a molti insetticidi. Non sono attualmente disponibili prodotti selettivi per questo insetti, per la cui lotta vengono utilizzati insetticidi ad ampio spettro, in contrasto con le regole di lotta integrata imposte per le produzioni biologiche. Anche le tecniche di prevenzione meccanica, pur presentando una buona efficacia se correttamente applicati, sono molto costose e non appaiono applicabili a larga scala, quindi non risolutive.
La tecnica che appare più promettente è basata sul controllo biologico, ovvero sull’utilizzo di antagonisti naturali della specie. Vari test hanno evidenziato un limitato impatto degli antagonisti autoctoni per l’Italia ed è necessario fare riferimento a specie antagoniste di origine esotica. In tal senso i dati disponibili sembrano indicare che l’utilizzo di Trissolcus japonicus (vespa samurai) potrebbe determinare un significativo effetto sulle popolazioni della cimice asiatica.

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