Se c’è un presupposto dal quale non si può prescindere per salvaguardare dallo spopolamento o dallo sfruttamento i territori montani d’Italia, è conoscere quali popolazioni li hanno abitati nelle epoche che precedono la nostra. Ne è convinto il Club Alpino Italiano, che ha firmato un accordo di collaborazione scientifica con l’Istituto Italiano di Presitoria e Protostoria con lo scopo di integrare e coordinare le attività di ricerca dei due enti.
In particolare la sinergia riguarda la progettazione, l’attuazione e la promozione di studi e sperimentazioni, caratterizzati da innovazione metodologica e operativa, che abbiano al centro la conoscenza delle più antiche testimonianze della frequentazione umana nelle terre alte italiane.
Tesori molto conosciuti in alcune zone della Penisola, meno in altre: è il caso ad esempio di una scoperta del Club Alpino Italiano che nel cuore della Val Tassaro, sul Monte Lulseto in provincia di Reggio Emilia, ha rinvenuto un’antichissimo luogo di culto. Lì una grande roccia nascosta tra la vegetazione nascondeva profonde solcature che di dimostrarono causate non dagli agenti ambientali ma da quelli umani, intervenuti migliaia di anni prima di Cristo. Un esempio unico in Appennino che, grazie a questa sinergia, potrebbe godere di un’attenzione di ricerca e di una capacità di divulgazione degni di un ritrovamento straordinario.