L’impatto delle mareggiate è in grado di stimolare vibrazioni sul fondale che si propagano nell’entroterra. Il fenomeno – noto sulla costa occidentale degli Usa – è stato registrato per la prima volta in Europa da una ricerca del Cnr-Ismar e rilevato dai sismometri dell’Università di Padova: lo studio è pubblicato su Progress in Oceanography
La grossa mareggiata che il 29 ottobre 2018 ha colpito Mar Ligure e Adriatico non è stata registrata solo dagli usuali strumenti oceanografici: due sismometri dell’Università di Padova, a circa 40 km dalla costa, hanno vibrato ampiamente per tutta la durata della tempesta. Il fatto, rilevato per la prima volta in Europa, è stato oggetto di uno studio sugli aspetti meteorologici e oceanografici svolto da un’équipe dell’Istituto di scienze marine del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ismar), in collaborazione con i ricercatori dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima (Cnr-Isac) e del Centro meteorologico europeo (ECMWF), pubblicato su Progress in Oceanography.
Il fenomeno della vibrazione terrestre in conseguenza di forti mareggiate è noto da tempo, come dimostrano le osservazioni compiute lungo la costa occidentale degli Stati Uniti, dove a causa delle forti tempeste e delle ripide coste a scarpata continentale i sismometri monitorano continuamente la faglia di Sant’Andrea e le sue diramazioni. “Le vibrazioni non sono prodotte, come sembrerebbe intuitivo, dalle onde che frangono sulla costa”, afferma Luigi Cavaleri del Cnr-Ismar. “Tale effetto è forte, ma estremamente locale. Tuttavia, se parte delle onde, nel frangersi a riva, si riflette verso il largo, va a sovrapporsi con quelle di senso opposto, generando onde parzialmente stazionarie che, contrariamente alle normali onde di tipo progressivo, sono in grado di sollecitare il fondo con continui impulsi di pressione. Questo impatto continuo e su ampi spazi, fino a decine di chilometri dalla costa, è in grado di stimolare vibrazioni che si propagano nell’entroterra, generando i microterremoti”.
La presenza di onde riflesse, difficilmente rilevabili, è stata confermata dalle misure effettuate durante la mareggiata del 29 ottobre 2018 dalla piattaforma oceanografica Acqua Alta del Cnr-Ismar, situata 15 km al largo di fronte al Lido, che separa l’Adriatico dalla Laguna di Venezia. “L’ultimo anello della spiegazione è la ripida duna sabbiosa che viene artificialmente creata ogni inverno sulla spiaggia del Lido per riparare le locali strutture estive. Raggiunta dall’elevato livello di marea, ulteriormente sostenuto dalle onde frangenti, la duna ha funzionato come riflettore del moto ondoso”, sottolinea Cavaleri. “Ad un anno di distanza – conclude il ricercatore – la situazione si è ripetuta, con onde meno elevate, ma con un seguito di eventi di durata prolungata nel tempo. Alla fine di questo tormentato periodo di mareggiate ed acque alte si dovrà indagare se, nuovamente, le vibrazioni del fondo del mare hanno raggiunto l’entroterra”.
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