I PASTICCI DELLA SANITA’ DEL LAZIO
Ora si sono persi anche le cartelle cliniche di una cinquantina di contagiati trasferiti d’urgenza notte.
Di Angelo Pennacchioni
Nerola (RI), 29 marzo ‘20 – Nel piccolo centro del reatino si vivono giorni da incubo Covid19, più o meno come verso la metà del secolo scorso si viveva la paura d’incappare nel serial killer Ernesto Picchioni, più tristemente noto come il “mostro di Nerola”. Fu accusato d’aver fatto sparire, nel periodo 1944-’47, una ventina di persone del luogo.
Questa volta Ernesto Picchioni non c’entra ma il fatto non è meno inquietante.
Una cinquantina di ospiti della Casa di Riposo Maria Immacolata sono stati trasferiti d’urgenza di notte “causa contagio Coronavirus” ed il Comune classificato Zona Rossa. Che si aggiunge al Circondario di Fondi nel frusinate.
Nel piccolo paese a Nord di Roma, il nome deriva da Nerone, milleottocento abitanti, nessuno potrà entrare o uscire fino all’8 aprile; a sorvegliare anche l’Esercito.
La decisione è stata presa dalla Regione Lazio, sentita la Prefettura, dopo i casi riscontrati negli ultimi giorni riconducibili alla Casa di riposo Maria Immacolata dove, su 40 operatori sanitari 16 sono risultati positivi al test come 56 dei 63 ospiti; di questi 26 residenti nel Comune; 72 i positivi nel territorio, tre i deceduti.
Ma ora spunta anche il “giallo” delle cartelle cliniche perdute.
Forse dimenticate, o trafugate?, durante la “deportazione” di 49 anziani.
“Trasportati nottetempo, protesta la sindaca Sabina Granieri, ancora in pigiama e ciabatte, dalla casa di riposo contagiata ad una clinica altrettanto lambita dal virus: la “Nomentana Hospital” di Fonte Nuova. Trentacinque chilometri sulla Salaria vuota, a bordo di un torpedone e di ambulanze.”
“Lo accettiamo ovviamente – aggiunge – per la salute pubblica, anche se non se ne comprende a pieno la logica: la gran parte dei contagiati, i 56 anziani sui 63 ospiti della Casa ora sono in cura lontani da qui partiti, senza poter portare i loro vestiti e lasciati anche senza le cartelle cliniche, almeno così i parenti che protestano…”.
Erano gli anni ’44-47 del secolo scorso quando sulla S.S Salaria correva il terrore d’incontrare una morte improvvisa e violenta.
Paura che cessò a luglio del 1947 quando a quel tipo d’influenza si attribuì il nome di Ernesto Picchioni, detto anche il mostro di Nerola o della Salaria.
Il vaccino fu distribuito ad opera della Corte d’Assise di Roma che il 12 marzo del 1949 prescrisse al mostro due ergastoli e 26 mesi di carcere; solo in parte scontati perché Ernesto Picchioni morì nel carcere di Porto Azzurro il 12 marzo del 1967, aveva appena compiuto 67 anni. Gli erano stati riconosciuti otto omicidi, ma si riteneva che avesse ucciso almeno una ventina delle persone scomparse in quegli anni a Nerola.
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