Pubblicato su «Nature Communications» lo studio di un team internazionale di ricerca coordinato dall’Università di Padova in cui si rilevano emissioni di CO2 pericolosamente simili a quelle che 200 milioni di anni fa portarono all’estinzione di massa di fine Triassico
Le Large Igneous Provinces (LIPs) sono eventi magmatici eccezionali con produzione di enormi volumi di magma, fino a milioni di chilometri cubi. Esse sono una delle cause principali delle estinzioni di massa e dei cambiamenti climatici avvenuti su larga scala in epoche passate. Nelle fasi gassose di origine vulcanica la CO2 è uno dei gas più abbondanti e più impattanti per clima e ambiente. Inoltre la CO2 riveste un ruolo chiave nel sistema magmatico: da un lato controlla l’ascesa e l’eruzione dei magmi, dall’altro influenza la stabilità e l’evoluzione delle camere magmatiche nella crosta terrestre.
Lo studio firmato da Manfredo Capriolo del Dipartimento di Geoscienze dell’Università di Padova e pubblicato su «Nature Communications» dal titolo “Deep CO2 in the end-Triassic Central Atlantic Magmatic Province” si concentra proprio su questo: l’analisi dei magmi del Triassico particolarmente ricchi di CO2 in una specifica area denominata appunto CAMP.
I magmi CAMP, così come i magmi di ciascuna altra provincia magmatica, hanno una composizione caratteristica, che li rende peculiari e distinguibili dagli altri, come se avessero una propria firma geochimica. La Central Atlantic Magmatic Province è stata scenario dei più vasti eventi vulcanici della storia della Terra, avvenuto 201 milioni di anni fa, con vulcani che hanno eruttato nello stesso periodo temporale, dalla Francia alla Bolivia, su un’area complessiva grande come tutta l’Europa. La CAMP in questione è stata scoperta ed è oggetto di studio negli ultimi venti anni dei ricercatori dell’Università di Padova. Questo vulcanismo collocato alla fine del periodo Triassico è avvenuto contemporaneamente a una delle cinque estinzioni di massa più devastanti nella storia della Terra.
La ricerca pubblicata ha dimostrato la presenza, nei magmi della CAMP, di ingenti quantità di CO2 imprigionate in minuscole inclusioni di vetro vulcanico che hanno preservato le originarie bolle gassose. I campioni studiati, provenienti da Nord America (Stati Uniti e Canada orientali), Marocco (Alto Atlante) e Portogallo (Algarve), mostrano che i magmi CAMP sono particolarmente ricchi in CO2 e che quindi l’emissione di questo gas serra può aver causato l’estinzione di massa. Attraverso l’impiego di differenti tecniche analitiche – svolte nei laboratori di Padova, Budapest, Milano e Parigi – i ricercatori hanno ottenuto la prima evidenza diretta di abbondanza di carbonio nei basalti delle LIPs. Non solo, dalla ricerca è emerso come la quantità di CO2 emessa da un singolo periodo eruttivo sia pari allo scenario di emissioni antropogeniche previste per il 21° secolo dall’Intergovernmental Panel on Climate Change, organismo dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. In questa ipotesi si avrebbe un incremento della temperatura globale di circa 2 °C e una grave acidificazione degli oceani. Questo paragone suggerisce che i cambiamenti climatici e ambientali di fine Triassico, guidati da emissioni di CO2 e che portarono a un’estinzione di massa, siano ipotizzabili negli esiti finali in un immediato futuro.
«Il presente lavoro mostra come ingenti quantità di CO2 di origine vulcanica possano aver modificato il clima sulla Terra circa 201 milioni di anni fa, causando una drammatica estinzione di circa la metà delle specie esistenti all’epoca. Nella storia della Terra – dice Manfredo Capriolo primo autore della ricerca – la maggior parte delle principali estinzioni di massa avviene in concomitanza di eruzioni delle grandi province magmatiche e più raramente da impatti di asteroidi. L’attività di una provincia magmatica è infatti in grado di immettere in atmosfera ingenti quantità di CO2, causando cambiamenti climatici e ambientali su scala globale. L’estinzione di massa di fine Triassico, una delle cinque principali estinzioni di massa degli ultimi 500 milioni di anni, è sincrona alle eruzioni della CAMP e non ci sono evidenze di contemporanei impatti meteoritici eccezionali, indicando questa provincia magmatica come la causa di quella devastante estinzione di massa. La CO2 vulcanica, preservata in minuscole bolle gassose all’interno di rocce basaltiche, testimonia – continua Capriolo – il ruolo chiave di questo volatile nell’ascesa e nell’eruzione dei magmi così come nelle conseguenze climatiche e ambientali, attraverso pulsi vulcanici di breve durata ed elevata intensità. Una significativa osservazione derivante da questa nostra pubblicazione è che la quantità di CO2 emessa dalle eruzioni vulcaniche studiate è paragonabile alla quantità di CO2 prevista per le emissioni antropogeniche nel XXI secolo. Questa considerazione, frutto dello studio di mutamenti climatici e ambientali passati, dovrebbe farci riflettere sul nostro futuro prossimo».
«La provincia magmatica chiamata Central Atlantic Magmatic Province – afferma il Professor Andrea Marzoli coautore del lavoro scientifico pubblicato e supervisore al dottorato di Capriolo nel Dipartimento di Geoscienze dell’Ateneo patavino – rappresenta uno dei principali eventi vulcanici avvenuti sulla Terra. A partire dagli anni Novanta del XX secolo, i ricercatori del nostro Dipartimento hanno contribuito alla scoperta della CAMP, coniandone il nome, tramite studi su età e composizione chimica di rocce campionate nei quattro continenti intorno all’Oceano Atlantico. Le nostre pubblicazioni scientifiche, inoltre, hanno definito la concomitanza temporale fra il vulcanismo e l’estinzione di massa di fine Triassico, avvenuta circa 201,5 milioni di anni fa come conferma quest’ultima ricerca su Nature Communications».