In questi giorni si sta discutendo sulla possibilità che il prestito di 6,3 miliardi richiesto da Fiat Chrysler Automobiles a Intesa Sanpaolo venga garantito dallo Stato italiano, nonostante l’azienda abbia sede legale nei Paesi Bassi e domicilio fiscale nel Regno Unito. Molte voci si sono levate tra le quali quelle di Italia Viva, sostenitori dell’azienda e della sua scelta. Ma anche il mondo dell’ambientalismo non si fa attendere. Secondo Greenpeace, quello della fiscalità è un tema importante, al quale però devono essere affiancate valutazioni che riguardano la tutela dei lavoratori, la salvaguardia dell’occupazione e il rispetto dei vincoli ambientali.
“La mancata richiesta di condizioni “verdi” alla possibilità di concedere e garantire prestiti con risorse pubbliche è un segnale molto preoccupante”, dichiara Federico Spadini della Campagna Trasporti di Greenpeace Italia. “I soldi pubblici non devono essere spesi per sostenere settori inquinanti senza piani adeguati di decarbonizzazione, e la possibilità di beneficiare di prestiti e garanzie deve sottostare a impegni concreti per ridurre e poi azzerare le proprie emissioni di gas serra”, continua Spadini. “Questo aspetto è totalmente assente nel dibattito su FCA, così come in generale nei piani per sostenere e salvare interi comparti produttivi. I settori più inquinanti sono i primi sui quali si deve intervenire, e tra questi c’è certamente l’industria automobilistica”.
Secondo gli ultimi dati pubblicati da ISPRA il settore del trasporto su strada è responsabile di circa il 23 percento delle emissioni climalteranti in Italia e del 43 per cento di quelle di ossidi di azoto, con un grande contributo all’inquinamento atmosferico che sembra amplificare gli impatti sanitari della pandemia da Covid-19. Dallo studio di Greenpeace “Scontro con il clima” emerge anche che, tra le dodici principali compagnie automobilistiche al mondo, FCA è l’azienda con il più alto livello medio di emissioni di gas serra per singolo veicolo.
È essenziale cogliere questo momento di passaggio per ripensare il settore dei trasporti e la mobilità. Tra le prime soluzioni da intraprendere servono piani per formare i lavoratori e riconvertire i lavori dei settori inquinanti verso lavori green, il bando della vendita di veicoli a motore endotermico al 2028 con conseguente riconversione del settore verso la mobilità elettrica e condivisa, e un maggiore impegno del governo per promuovere forme di mobilità alternativa e a zero/basse emissioni.
“Abbiamo l’occasione di invertire la rotta lasciandoci alle spalle il “business as usual” delle aziende inquinanti per scegliere una ripresa veramente sostenibile, attenta ai diritti e alla salute delle persone e del Pianeta. Porre ora dei vincoli all’utilizzo dei soldi pubblici a tutela del clima e dell’ambiente è un passo necessario se vogliamo mantenere l’aumento della temperatura globale media sotto 1,5 gradi centigradi e frenare la crisi climatica, che già oggi ha impatti ambientali, sanitari ed economici più grandi di quelli causati dal Covid-19”, conclude Spadini.