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Fondamentali per l’ecosistema, alleati degli agricoltori: “Non c’è da aver paura dei serpenti, non uccideteli”
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La striscia

Andrea Bonifazi
Andrea Bonifazi
Naturalista ed Ecologo di formazione, attualmente svolge ricerca nell'ambito della Biologia Marina e collabora in ARPA per la Marine Strategy, occupandosi principalmente di benthos e specie aliene. Ma la grande passione è sempre stata la divulgazione, facendola a più livelli da oltre 11 anni anche grazie alla spinta data dalla sua pagina Scienze Naturali.

Il Signore Dio disse alla donna:
«Che hai fatto?».
Rispose la donna:
«Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato».
Allora il Signore Dio disse al serpente:
«Poiché tu hai fatto questo,
sii tu maledetto più di tutto il bestiame
e più di tutte le bestie selvatiche;
sul tuo ventre camminerai
e polvere mangerai
per tutti i giorni della tua vita.
Io porrò inimicizia tra te e la donna,
tra la tua stirpe
e la sua stirpe:
questa ti schiaccerà la testa
e tu le insidierai il calcagno».

Così recita la Genesi, il primo libro della Bibbia. Pur essendo stata scritta secondo tradizione, circa 3000 anni fa, è ancora diffusissimo il timore che i serpenti possano “insidiare i nostri calcagni”, tanto che l’unica soluzione per risolvere il problema sembra sia “schiacciargli la testa”. Povero serpente: uno degli animali più anticamente diffusi nella simbologia mitologica, sia con accezioni positive che negative, viene ancora oggi identificato con il male assoluto e considerato come un’atroce fiera portatrice di morte e distruzione che deve essere sterminata. “Bene e male sono i pregiudizi di Dio” disse il serpente”, recitava Friedrich Nietzsche in “La gaia scienza”. E come dargli torto, certe credenze sono profondamente radicate nell’uomo e spesso ci avvolgono con le loro spire d’ignoranza, dimostrandosi ben più temibili del “mortale abbraccio” di un serpente… Eppure oggi dovremmo avere le conoscenze necessarie per capire che luoghi comuni e falsi miti inerenti questi meravigliosi Rettili, fondamentali a livello ecosistemico, possono essere soppiantati da concezioni razionali e fondate su salde basi scientifiche. Utopia? Forse. Speranza? Tanta. Tantissima. Infatti i serpenti vengono troppo spesso neutralizzati con badilate in testa, con bastonate che gli frantumano le ossa, ma anche calpestati con robusti scarponi o investiti volontariamente, quasi fossero birilli da puntare e abbattere senza pietà. C’è un unico filo conduttore che motiva questi atavici e anacronistici gesti colmi di rabbia e timore: la paura che possano mordere con i loro “aguzzi e mortali denti veleniferi”. Paura essenzialmente infondata in Italia, vana giustificazione di una conoscenza davvero molto scarsa dell’erpetofauna nostrana e in generale della Natura che ci circonda. Morire ancora oggi a causa di ignoranza e pregiudizi è assurdamente anacronistico e fuori da ogni logica. “Non sapevo se fosse velenoso, nel dubbio l’ho ucciso!”, “Se avesse morso i bambini o il cane? Chi pensa ai bambini??” e “Non tutti siamo esperti di serpenti, a ognuno le sue conoscenze” sono le affermazioni che costituiscono solo l’apice di un iceberg di ignoranza naturalistica che cerca sempre la soluzione più facile e immediata, senza curarsi minimamente delle conseguenze o delle soluzioni alternative. A prescindere da ciò che si pensa, siamo abituati bene in Italia: poche specie di serpenti strisciano nelle nostre campagne, circa 23, la maggior parte delle quali totalmente innocue (18), mentre le poche specie velenose, quasi tutte appartenenti al genere Vipera, sono decisamente poco comuni e soprattutto molto schive. Animali affascinanti, eleganti e fondamentali per l’ecosistema: essendo predatori attivi di piccoli animali talvolta invasivi, come topi e ratti, i serpenti riescono a controllarne le popolazioni, evitando che possano proliferare eccessivamente. Piccoli derattizzatori a costo zero, ma dal notevole impatto positivo che, in cambio, si accontentano esclusivamente di una succulenta cena. Il loro ruolo chiave sembrerebbe lampante anche a chi non mastica ecologia, così come evidenti sono le conseguenze che in linea teorica potrebbero scaturire da un freddo “serpenticidio”: effetti a cascata che porterebbero al nuovo incremento di popolazioni di animali, come alcuni roditori, che potenzialmente possono essere vettori di malattie e che in ogni caso sono in grado di sferrare duri colpi all’agricoltura. L’uomo, nella sua “furbizia”, prima uccide i serpenti, poi, per ovviare il problema, utilizza metodi cruenti (colle o trappole a scatto) spesso poco efficaci, quindi passa a quelli chimici, avvelenando i piccoli roditori e rendendoli prede potenzialmente tossiche o letali anche per altri animali che se ne cibano. Insomma, un continuum di rapporti causa-effetto a lungo termine che potrebbero essere generati dalla semplice uccisione di una paciosa e innocua biscia che striscia nel nostro terreno. Come disse Giorgio Celli: “Delle tremila specie di serpenti presenti nel mondo, soltanto mille hanno in dotazione del veleno e solo duecento tra queste sono veramente pericolose per l’uomo. Non si dimentichi, poi, che i serpenti hanno una loro utilità, perché divorano le arvicole e altre specie dannose all’agricoltura e, dove sono spariti, gli svantaggi sono risultati spesso superiori ai benefici”. Per molti troppo razionale, sensata e scientifica come spiegazione, non è un buon deterrente per salvare la vita a questi sinuosi rettili, meglio fidarsi di strambi e anacronistici luoghi comuni, come la convinzione che le Vipere vengano lanciate dagli elicotteri, che i serpenti partoriscano sugli alberi, cadendo in testa agli sfortunati passanti o che si attacchino alle mammelle delle vacche per berne il latte. Deterrente forse più incisivo è il far comprendere che tutti i Rettili e gli Anfibi nostrani sono protetti per legge in quasi tutte le regioni d’Italia, quindi la loro uccisione costituisce un reato: laddove non arriva l’eco delle poco considerate motivazioni ecologiche, si dimostra più efficace il timore delle salate sanzioni amministrative.

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