Ritornano oggi in piazza gli italiani dei FFF-Fridays For Future, il movimento globale per la giustizia climatica e ambientale, con uno sciopero nazionale per il clima in tutte le città italiane.
I Fridays For Future oggi ritornano in piazza, uniti per un nuovo sciopero nazionale per il clima, manifestando per una giustizia climatica e ambientale. Un evento che in realtà andrà in scena in molte città d’Italia e che, a sentire gli slogan, sembra che voglia chiarire senza mezzi termini quale sia la posizione del giovane ecologismo di piazza rispetto alla diatriba politica già in campo da numerose settimane: quella che si risolve nella semplificazione MES sì/MES no.
Per gli “FFF” italiani – si legge – “nulla è sotto controllo sul fronte dell’emergenza climatica, a differenza della pandemia da Covid-19 in cui le persone al potere hanno ascoltato gli esperti, sottolineando che nulla può essere posto davanti alla vita delle persone. Eppure la si continua a ignorare la crisi climatica, facendoci credere che la questione sia sotto controllo. Le emissioni continuano a crescere e l’obiettivo di 1,5 °C è sempre più lontano. La crisi climatica va trattata come tutte le altre crisi e la vita umana sul nostro Pianeta va difesa”, scrivono gli organizzatori. “La crisi sanitaria ci ha mostrato le contraddizioni dell’attuale sistema economico e sociale, e ci ha costretti ad affrontare la realtà ascoltando la scienza e trattando una situazione di emergenza come tale. Nonostante questo, nessun governo – nemmeno quello italiano – ha iniziato ad ascoltare sul serio gli allarmi che la comunità scientifica ripete da anni. L’avviso è chiaro: rischiamo di spingerci troppo in là. Continuando a immettere CO2 in atmosfera ai livelli attuali supereremo il riscaldamento globale di 1,5°C, il limite sicuro per evitare di innescare reazioni a catena irreversibili che sconvolgerebbero la vita umana sulla Terra. Questo decennio è cruciale: le scelte che facciamo, le politiche che adottiamo sono determinanti per il futuro della nostra e delle prossime generazioni. A partire dal 2020 la curva delle emissioni deve iniziare a calare, e per farlo è vitale avviare la transizione ecologica. Ogni paese dovrà fare la sua parte, rispettando gli Accordi di Parigi in cui ha stabilito di fare di tutto per evitare il peggio. Questa pandemia è stata – ed è ancora – una tragedia. Ma molti scienziati ed economisti parlano chiaro: le misure per la ripartenza ci possono permettere di avviare la riconversione ecologica, risollevando l’economia – creando nuovi, diversi lavori – e risolvendo allo stesso tempo molti problemi sociali del nostro paese”. I Fridays for Future invitano dunque tutti a scioperare da una giornata di scuola o di lavoro e a unirsi alla mobilitazione della propria città, ribadendo così di essere costretti a tornare in piazza per chiedere alle istituzioni di agire.
Molteplici le sigle ben note dell’ambientalismo che partecipano e sostengono i ragazzi che scioperano, rimarcando sullo stesso aspetto: i fondi europei devono passare per le istanze green.
Per Gianni Silvestrini, Direttore scientifico di Kyoto Club, “la spinta delle manifestazioni dei giovani ha favorito l’innalzamento degli obiettivi climatici europei, come ha affermato la stessa leader della Commissione Europea, Ursula von der Leyen. Adesso tocca all’Italia rendere più ambiziosi i target climatici al 2030. Saranno anni decisivi e la spinta dal basso dei FFF sarà sempre più importante”. Per il WWF invece, mentre “la crisi climatica fa sentire sempre più i suoi effetti in tutto il mondo – quello del 2020 è stato il settembre più caldo mai registrato, un altro record che non avremmo voluto – gli studenti e i giovani di Fridays For Future sono tornati in piazza proprio mentre in Europa e in Italia si discute (e decide) del mondo che sarà lasciato loro. Per l’Europa e per l’Italia, infatti, la costruzione di un futuro sostenibile e a “zero carbonio” passa inevitabilmente dalla capacità di indirizzare in questo senso le risorse che, con l’emergenza Covid, sono state messe a disposizione a livello nazionale e comunitario (uno dei fondi europei si chiama Next Generation, non a caso). Purtroppo corriamo il rischio che gli sforzi per costruire una ripresa verde vengano fagocitati dal trasformismo e da interessi economici a breve termine al posto di avere un orizzonte più ampio, inclusivo e sostenibile, e che si rimanga ingabbiati nel modello basato sui combustibili fossili. Il danno sarebbe climatico e ambientale, ma per i giovani anche economico e sociale”.
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