Dubbi e riserve sul recente decreto del Ministero della Salute: “Dimenticanza o suttomissione dal momento che…?”
Roma, 20 ottobre – Il decreto firmato dal ministro Roberto Speranza e pubblicato in Gazzetta Ufficiale quattro giorni fa continua a suscitare stupore, perplessità e perfino maldicenze sull’operato del Ministero della Salute: “…ma in questo momento non c’era qualcos’altro cui pensare?”, si mormora nello stesso ambiente politico del Ministro. Ed ancora con più cattiveria: “…è tornata Beatrice con i suoi”, alludendo alla ex ministra Beatrice Lorenzin, appena fuori quarantena pandemica, ed alla sua determinazione dimostrata nell’aumentare il numero dei vaccini. La disposizione inserisce “nella tabella dei medicinali a base di sostanze attive stupefacenti le composizioni per la somministrazione ad uso orale di cannabidiolo ottenuto da estratti di Cannabis, dal momento che è in corso di valutazione presso l’AIFA, Agenzia Italiana del Farmaco, una richiesta di autorizzazione all’avvio alla commercializzazione di un medicinale in soluzione orale contenente cannabidiolo, che ha già ricevuto l’autorizzazione all’immissione in commercio centralizzata da parte dell’European Medicines Agency e che lo stesso medicinale è controllato attraverso un programma di uso compassionevole notificato all’AIFA”. Quindi secondo il Ministero della Salute è obbligatorio “collocare il Cbd nella tabella dei medicinali a base di sostanze attive stupefacenti ivi incluse le sostanze attive ad uso farmaceutico”.
Ma per Federcanapa queste motivazioni non sono sufficienti per includere il Cdb ottenuto da estratti di Cannabis, nella tabella 2B dei medicinali stupefacenti. E la stessa Associazione aggiunge: “Il Cbd non ha alcun effetto stupefacente, come ha recentemente concluso una Commissione di esperti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). E non si capisce perché l’ingestione di un estratto a bassa dose di CBD (e col THC sotto lo 0,2%) non possa valere come integratore alimentare, ma solo come farmaco acquistabile solo di volta in volta con ricetta. Non sappiamo se una simile posizione di retroguardia, a cui non era arrivato neppure il Ministero dell’Interno sotto Salvini (ricordate la circolare di luglio 2018 che di fatto riconosceva lo 0,5% come soglia accettabile tra droga e non droga?), sia frutto di sottomissione agli interessi di qualche multinazionale del farmaco o di semplice distrazione dai problemi ben più gravi del Covid19. Fatto sta che questo decreto mette fuori legge in Italia l’uso del CBD nel settore alimentare, sia che si tratti di preparati Novel Food o di una semplice birra aromatizzata. L’aspetto più grave di questo decreto è che non solo fa danni a livello nazionale, ma addirittura rischia di farne a livello mondiale, dato il peso della posizione italiana nelle traballanti decisioni europee. Entro fine anno infatti l’Onu dovrà esprimersi sulla proposta dell’OMS di derubricare dalle tabelle delle droghe gli estratti di Cannabis ad alto CBD e con THC al di sotto dello 0,2%”.
Fin qui le posizioni, le polemiche ed i dubbi pro o contro un provvedimento pubblicato in tempi di Covid 19 e di pandemia. Ma se poi il dubbio diviene un indizio è d’obbligo ricordare la massima di Giulio Andreotti: “A pensar male si fa peccato. Ma spesso ci si azzecca”.