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Nocciole, il clima del futuro suggerisce nuove coltivazioni in Australia
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La striscia

Nell’ultimo decennio, la crescente domanda di nocciole da parte dell’industria agroalimentare non è stata soddisfatta da un’espansione proporzionale dell’offerta a livello globale. Inoltre, la maggior parte dei noccioleti commerciali è tradizionalmente concentrata in poche aree del mondo: più della metà della produzione globale di nocciole in guscio avviene infatti in Turchia, seguita da Italia, Oregon e Azerbaigian.

LA CRESCENTE DOMANDA DI NOCCIOLE E LA NECESSITÀ DI DIVERSIFICARNE L’OFFERTA – evidenziano l’esigenza di individuare nuove zone adatte alla coltivazione del nocciolo in tutto il mondo. Ma i nuovi territori vocati alla nocciolicoltura vanno scelti con attenzione, tenendo in considerazione non solo le attuali condizioni climatiche, ma anche il clima del futuro, i suoi cambiamenti e gli impatti previsti, al fine di soddisfare il fabbisogno termico e idrico della crescita e dello sviluppo di questi alberi da frutto.

DALL’IMPIANTO DI UN NOCCIOLO ALLA SUA PIENA PRODUZIONE TRASCORRONO CIRCA 10 ANNI: la natura di lungo termine dell’investimento in nuovi noccioleti, combinata ai cambiamenti globali previsti per il futuro, rendono fondamentale per le imprese e i decisori avere un supporto da parte del mondo della ricerca per definire le giuste strategie di business.

Le scienze del clima sono in grado di evidenziare le opportunità per il settore offrendo una valutazione ex-ante dei futuri andamenti della produzione. È quanto è stato fatto per il caso dell’Australia, dove un aumento dell’importazione di nocciole di oltre il 60% tra il 1992 e il 2015 ha fatto emergere la necessità di ampliare la produzione nazionale attraverso nuove piantagioni.

CON L’OBIETTIVO DI SUPPORTARE ENTI PUBBLICI E PRIVATI NELLA PROGETTAZIONE DI NUOVI PIANI DI INVESTIMENTO – e di promuovere misure legislative volte a incoraggiare la coltivazione della nocciola in Australia, un team internazionale di ricercatori ha condotto lo studio “Climate change impacts on phenology and yield of hazelnut in Australia”, recentemente pubblicato sulla rivista Agricultural Systems e realizzato con la collaborazione e il contributo della Hazelnut Company Division del Gruppo Ferrero. La ricerca valuta per la prima volta gli impatti dei cambiamenti climatici previsti sulla resa e sulla produzione di nocciole in una vasta area dell’Australia sud-orientale, utilizzando un insieme di modelli di circolazione regionale delimitati da quattro modelli climatici globali.

COME ILLUSTRA LA RICERCA – i modelli sono concordi nel prevedere, nella fascia costiera sud-orientale dell’Australia e come effetto dei cambiamenti climatici, un aumento della resa nella coltivazione delle nocciole nel prossimo futuro (2020-2039) compreso tra il 18 e il 52%. Gli impatti dei cambiamenti climatici sono invece ancora incerti in altre regioni: mentre per l’intera area sud-orientale del Paese ci si aspetta un riscaldamento delle temperature nei prossimi vent’anni, c’è ancora una mancanza d’accordo tra i modelli climatici sui futuri cambiamenti nelle precipitazioni e sul grado di aumento della temperatura in zone agroclimatiche interne al Paese. Pertanto, nei territori interni, il potenziale di produzione di nocciole varia a seconda dei modelli considerati e la resa rimarrà probabilmente stabile o diminuirà, nonostante alcuni modelli ne prevedano un aumento.

UN PRIMO PASSO VERSO UNA VALUTAZIONE DELLE EFFETTIVE OPPORTUNITÀ –  “Questo studio rappresenta un primo importante passo verso una valutazione delle effettive opportunità per il futuro della coltivazione della nocciola in Australia” affermano Stefano Materia e Antonio Trabucco, i ricercatori della Fondazione CMCC che hanno contribuito alla pubblicazione. “Tuttavia, sono necessarie ulteriori prove sul campo per convalidare ulteriormente questi risultati. Inoltre, dovrebbero essere prese in considerazione molte altre componenti sociopolitiche per ottimizzare le decisioni sul dove iniziare la coltivazione delle nocciole. Ad esempio, nell’area considerata dallo studio, la risorsa idrica è soggetta a normative che ne limitano l’uso agricolo, e i risultati potrebbero essere diversi se, oltre agli effetti dei cambiamenti climatici, si considerasse anche l’implementazione di sistemi di irrigazione a supporto dell’aumento delle rese”.

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