La rettifica del Vice-Presidente Margaritis Schinas in realtà conferma la volontà della Commissione di “sensibilizzare” sui rischi della dieta mediterranea: un piano da 4 miliardi che penalizza il made in Italy, come afferma Unione Italiana Vini.
Roma – Oggi è stata celebrata la 21° giornata mondiale della lotta al cancro e ieri la Commissione Europea ha presentato il “Piano d’azione in difesa della Salute dei cittadini Europei”. Un piano da 4 miliardi di euro su tre principi basilari: prevenzione, promozione di stili di vita salutari e sensibilizzazione verso i fattori di rischio. Quindi non solo pandemia e coronavirus ma anche raccomandazione allo stile di vita ed all’alimentazione; ove è prevista e raccomandata l’attenzione e l’etichettatura dei cibi in commercio. Naturalmente in favore dell’alimentazione da “prodotti puliti” e da cibi “scientificamente” preparati e conservati. Perché la dieta mediterranea contiene troppi grassi ed impurità, come il vino che non fa bene al sistema cardiaco ed all’agroalimentare! Dall’Italia sono partite diverse e differenti proteste, soprattutto contro le scritte che si dovrebbero apporre sulle etichette dei prodotti agroalimentari, identificando in questi provvedimenti una specie di guerra commerciale al vino, ai prosciutti ed ai formaggi oltre che alla pasta italiana.
Il Vice-Presidente della Commissione Margaritis Schinas s’è affrettato a dichiarare : “L’Ue non ha intenzione di proibire il vino, né di etichettarlo come una sostanza tossica, perché fa parte dello stile di vita europeo”. Ma la Commissaria alla salute Stella Kyriakides, ha ribadito che la Commissione presenterà “una proposta di etichettatura obbligatoria per l’elenco degli ingredienti e dichiarazione nutrizionale sull’etichetta delle bevande alcoliche nel 2022 e una sulle avvertenze per la salute nel 2023”. Chiarendo poi che le iniziative “saranno costruite sulle esperienze già compiute dai produttori per dare ai consumatori più strumenti per scegliere con maggiore consapevolezza”. La spiegazione dei Commissari appare comunque una risposta all’acqua di rose: restano gli allarmi e le proteste lanciati in questi giorni in Italia dalle organizzazioni agricole e le preoccupazioni degli imprenditori per il nuovo attacco al sistema del made in Italy. Anzi, contrariamente a Coldiretti ed altre organizzazioni politicamente “corrette”, c’è chi proprio non si fida delle “raccomandazioni verbali” che tranquillizzano il presidente Ettore Prandini. “Troviamo forviante il principio per il quale il consumo di alcol sia considerato dannoso a prescindere da quantità e tipologia della bevanda. Ancora più inique di questa premessa sono le proposte del piano che vedono assimilare il consumo di vino al fumo, con la conseguenza di azzerare un settore che solo in Italia conta su 1,3 milioni di addetti e una leadership mondiale delle esportazioni”, afferma Paolo Castelletti dell’Unione Italiana Vini. E, paventando etichette con scritte del tipo “il vino rosso non fa bene al cuore”, anzi fa male, oppure “il prosciutto di Norcia? Troppo calorico” prosegue: “..Siamo preoccupati dalle ricette del genere “claim obbligatori” che demonizzano il vino da un lato e dall’altro, dalle proposte di rivedere la tassazione sull’alcol e la restrizione degli acquisti transfrontalieri, che rischiano di creare fenomeni di mercato nero e di contrabbando. Non sono misure risolutive a favore di un reparto d’eccellenza del made in Italy”. Iniziative e risposte da Giampaolo Gentiloni e/o David Sassoli? Non pervenute.