Erano gli anni ottanta quando i giovani del Fronte della Gioventù fecero dell’ecologia una bandiera politica, con iniziative che ancora oggi si mantengono vive per lo più con l’attività dell’associazione Fare Verde, di cui fu anima e regista Paolo Colli. All’epoca la destra interpretò la fase in cui l’Italia stava uscendo dal nucleare ed ingaggiò una critica feroce al modello di sviluppo industriale ad alta intensità energetica. Probabilmente l’ecologia fu un tema tra quelli che nei decenni successivi andò sacrificato sull’altare delle trasformazioni che hanno segnato la linea del tempo che corre dal Movimento Sociale Italiano a Fratelli d’Italia. Eppure, Giorgia Meloni non è nuova alle rivendicazioni sul tema: non ci è sfuggito che quando ha potuto, ha tentato di riprendersi ciò che – ha ribadito ieri all’uscita dalla seconda consultazione con Mario Draghi – “è di destra, in quanto difesa della nostra terra”. Ma non è mai lontanamente bastato per rendersi competitivi con una sinistra che ha reso l’associazionismo ambientalista uno dei propri bracci politici parlamentari.
Se quaranta anni fa l’Italia usciva dal nucleare e il Movimento Sociale Italiano pesava alle urne per il 5,9% del consenso popolare, la sfida che oggi il Belpaese si trova ad affrontare apre un’altra battaglia epocale: intercettare e veicolare nella giusta direzione i 17,5 miliardi di euro che il Recovery Fund dedica al capitolo “Risorse Naturali e Ambiente”, il quale include la protezione dell’ambiente, la lotta al riscaldamento globale, l’agricoltura, la pesca e la transizione energetica. Con una sostanziale differenza: il peso del partito che Giorgia Meloni presiede viene dato a sfiorare il 17% degli elettori. E allora, in che modo oggi l’unico partito di destra rimasto a fare opposizione ad un governo che non è espressione della politica, riuscirà a risvegliare l’animo ecologista dei suoi elettori? E secondo quali principi intende prendere una posizione sui singoli punti del Recovery Fund dedicati all’ambiente?
Un assaggio ci viene senz’altro dalle parole che la leader di Fratelli d’Italia ha pronunciato ieri al punto stampa. E che speriamo, possano trovare un seguito nelle azioni: “Il Presidente Draghi definisce il suo governo anche un governo ambientalista, è una buona cosa”, spiega Meloni. “Fratelli d’Italia e la destra italiana sono storicamente la più ecologista tra le anime del centrodestra, però anche qui bisogna intendersi su come si interpreti l’ambientalismo. Mi pare ad esempio che l’approccio di certa Unione Europea in questi anni più che puntare sulla riconversione verso il green, abbia puntato su colpire la produzione, che è un’altra cosa. Quando io oggi leggo che il Recovery Fund individua la plastic tax come tassa europea, cioè colpendo aziende che sono già in difficoltà per avere i soldi che servono a salvarle, chiedendo quei soldi prima di darli, io non sono d’accordo. Ed è una delle ragione che porteranno all’astensione di Fratelli d’Italia rispetto al tema del Recovery Fund, anche se come sapete siamo favorevoli al debito comune e al Recovery. A maggior ragione se si considera il fatto che i fiumi europei incidono nello sversamento di plastiche in mare per lo 0,88% e la stessa Unione Europea acquista prodotti da nazioni come India e Cina, che invece contribuiscono a quell’inquinamento da sole per l’80%. Io penso che la scelta più green che l’Europa potrebbe fare è quella dei dazi di civiltà: dei dazi d’importazione per nazioni che non rispettano i nostri stessi standard”. E in chiusura sul tema, il distinguo finale: “Bisogna dunque capire come si interpreta la svolta di un governo ambientalista. Chiaramente sul principio della difesa della nostra terra, da patrioti, non possiamo che essere d’accordo”.
Che sia il punto d’inizio di un rinnovato slancio ecologista? E se sì, quali saranno i temi che porteranno la bandiera del “riscatto verde” della destra italiana? Lo chiederemo direttamente alla leader di Fratelli d’Italia.