E’ di oggi la notizia dell’istituzione di un Comitato Interministeriale per la transizione ecologica (CITE) alla presidenza del Consiglio che vede uniti i Ministri della transizione ecologica, dell’economia e delle finanze, dello sviluppo economico, delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, del lavoro e delle politiche sociali e delle politiche agricole, alimentari e forestali, per dar seguito alle scelte future che il Governo Draghi dovrà intraprendere su tutti gli aspetti che regolano il grande tema dell’ambiente. Negli ultimi giorni erano emerse perplessità sull’esclusione dal Recovery Plan degli aspetti specifici legati alla tutela degli ecosistemi e della biodiversità e in particolar modo, il grande assente è parso essere stato il mare.
“Dalla chiusura nel 1993 del ministero della Marina Mercantile con la sua Consulta, le istanze legate al mare sono state divise in sette ministeri ed è mancata una vera politica integrata per l’ecosistema marino”, è intervenuta la presidente di Marevivo Rosalba Giugni, che aveva già sollecitato il nuovo Ministro Roberto Cingolani a farsi carico della mancanza e che oggi, plaude al Comitato Interministeriale. Proprio a lei abbiamo chiesto di quali politiche attive il nostro Mar Mediterraneo abbia bisogno. “Il Comitato rappresenta una grande occasione che può far nascere al suo interno una struttura per dare vita ad una seria governance dell’immenso patrimonio che rappresenta il mare. Chiediamo innanzitutto che vengano attuati interventi in linea con i principi e gli obiettivi fondamentali del New Green Deal Europeo, che impone che il 37% delle risorse europee complessivamente messe in campo dai Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza degli Stati Membri sia destinato ad azioni per il clima, all’adattamento ai cambiamenti climatici e alla tutela della biodiversità. L’attuale bozza del PNRR non rispetta questi standard, mentre persiste un concetto di biodiversità e natura come “beni” da sfruttare a nostro vantaggio, e non come risorse da tutelare. Grande assente dal PNRR è proprio il mare, fondamentale non solo per le funzioni vitali che svolge nella vita di tutti noi (produce infatti oltre il 50% dell’ossigeno che respiriamo e assorbe un terzo della CO2), ma anche preziosissimo a livello economico, contribuendo al 3% del PIL del nostro Paese“.
Una rivendicazione del mare come ecosistema da proteggere ma anche come risorsa economica da valorizzare in maniera sostenibile, dunque. “Vista la posizione nel Mar Mediterraneo, il ruolo dell’Italia nelle politiche di protezione è fondamentale. Abbiamo 8.000 chilometri di coste, trentadue Aree Marine Protette, nove arcipelaghi, 800 isole, oltre 500 porti. Sono 200.000 le imprese italiane blu e l’azione di Governo nei prossimi anni deve essere indirizzata a rafforzare per l’Italia il ruolo di leader nel bacino sia in ambito internazionale che comunitario. Per fare questo è necessario un lavoro a 360°: nel documento che abbiamo presentato alla Commissione Ambiente abbiamo individuato numerose aree d’intervento, dall’implementazione delle Aree Marine Protette alla rivisitazione delle politiche sulla pesca, dal divieto dell’utilizzo di Air Gun per l’ispezione dei fondali marini alla realizzazione di una politica per i fiumi, che costituiscono la più rilevante causa di inquinamento del mare. Le cose da fare sono tantissime e il tempo, ci dice la scienza, è poco“.
Il Comitato Interministeriale sembra un buon passo in avanti ma di fatto, le critiche al nome del nuovo Ministero per la Transizione Ecologica non sono tardate ad arrivare, per via dell’assenza nel nome dei termini “ambiente” e “biodiversità”. Che ne pensa di quest’obiezione? “Siamo d’accordo: l’ambiente e la biodiversità devono essere visti come un valore primario da proteggere, conservare e gestire. Un ruolo così importante li mette chiaramente al centro dell’ambito di intervento di questo nuovo Ministero: in altre parole, non può esservi transizione ecologica se non partendo dalla tutela dell’ambiente e della biodiversità. Ugualmente importante, ci aspettiamo che il Ministro Cingolani scelga di circondarsi di un squadra di esperti; non basta avere un leader forte al comando, per quanto competente: questa non è una battaglia che si può vincere da soli“.
Quali sono le minacce più importanti che soffre il mare e come intendete agire per tutelarlo? “Sicuramente al primo posto ci sono i cambiamenti climatici, che hanno già portato alla distruzione di metà della Grande Barriera Corallina, seguiti dalla pesca eccessiva, che ha portato alla perdita di biodiversità e ad una sofferenza degli stock ittici negli oceani di tutto il mondo, e dall’inquinamento, dovuto ad un sistema di produzione insostenibile, legato in particolar modo alla plastica monouso che non solo soffoca i mari e i suoi abitanti ma che, nella forma di microplastiche, sempre più spesso entra prepotentemente nella nostra catena alimentare, arrivando per la prima volta anche nella placenta umana. È necessario e urgente un cambiamento, a partire dal sistema valoriale e di consumo insostenibili che permangono nella nostra società. Ora all’interno del CITE potremmo vedere finalmente realizzata la nostra richiesta per porre il Mare al centro delle politiche della transizione ecologica nazionale, ma anche nelle politiche internazionali essendo il nostro Paese una importante presenza nel Mar Mediterraneo. Come diceva Matvejevic, “L’Italia promontorio d’Europa nel Mediterraneo”: il nostro Paese potrebbe svolgere uno straordinario ruolo di cerniera tra i Paesi rivieraschi e l’Unione Europea”.
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