Se lo spirito di Gerardo Dottori fu quello “di far vivere nei luoghi più appartati e legati alla tradizione lo spirito moderno delle avanguardie”, da oggi e per i prossimi sette giorni saranno le cromìe dei fiori essiccati a raccogliere la sua eredità artistica in un angolo suggestivo di Perugia, sua città natale. Nella galleria dell’anfiteatro romano alla quale si può accedere liberamente da via dei Vibi per entrare a Palazzo della Penna, il quadro infiorato “Dinamismo floreale” omaggia non solo il fondatore del Futurismo umbro ma celebra anche la speranza della rinascita dopo un anno e mezzo di calvario dettato dalla pandemia. E lo fa con l’immagine sacra della Crocefissione, alla quale si accompagnano e si fondono con le linee tipiche dell’avanguardia futurista l’evocazione della natura e dell’identità, alle quali Dottori non rinunciò mai. L’istallazione di quattro metri quadrati accoglie il visitatore e lo trascina in un universo di petali colorati abilmente miscelati dalle maestranze del “Gruppo Infioratori di San Francesco” di San Martino in Colle (PG) che, per questa sola opera, ha impiegato un anno di lavorazione. Oltre 80 le specie vegetali raccolte, essiccate, macinate, miscelate e poste in sede, che hanno impegnato la comunità coordinata dall’archietto Rudy Trapassi in fasi progressive scandite dalla preghiera.
“Nell’anno dell’inaugurazione del busto a Gerardo Dottori ai Giardini Caselli Moretti, la mostra permanente di Palazzo della Penna dedicata all’aeropittore perugino ha – è proprio il caso di dire – un nuovo fiore all’occhiello”: a fare gli onori di casa è Leonardo Varasano, assessore alla Cultura del Comune di Perugia, che si rivolge agli infioratori e promette già “una fase due” per quest’idea che “coniuga all’arte la nobiltà della fede”. “Avete saputo realizzare – prosegue l’assessore Varasano – una sintesi meravigliosa delle tele ospitate all’interno delle sale del Museo, parte delle quali il Dottori donò al Comune di Perugia. Dalla “Crocifissione” del 1927, testimonianza della fede, all’omaggio a “Flora” del 1925, che l’artista dedicò alla femminilità; poi l’emblema di Perugia con la Fontana Maggiore e infine San Francesco, evocato da un’opera del 1923 conservata non qui ma al Convento di San Francesco in Monteripido”.
Una tecnica antica quella dell’infioratura, che affonda le sue radici nelle celebrazioni religiose dell’Italia centrale di epoca barocca e che la tradizione indica essere stata diffusa oltre le mura di Roma niente meno che da Gian Lorenzo Bernini. Eppure, dopo quattro secoli, la sua avanguardia si svela proprio grazie al suo elemento più profondo: “È il fiore stesso che in questo modo non muore ma rinasce, proiettando il suo colore nel tempo”, spiega l’architetto Trapassi. “Sono le composizioni di colore associato alla forma a determinare il dinamismo e questo, garantisce all’opera lo spirito e l’applicazione autentica del futurismo”. E se i toni blu del fiordaliso dominano lo sfondo della croce e i veli della Vergine, il geranio e le rose giocano con le sfumature rosse, fucsia, gialle e rosa chiaro che animano la Fontana Maggiore. L’alloro assicura al paesaggio il suo verde tipicamente umbro mentre la calendula inietta l’arancione del sole che getta la luce sulle ombre. “È grazie a Franca, indefessa raccoglitrice, spetalatrice e lavoratrice, che tutto questo è stato possibile. Perché lei ha abbinato il Rosario ad ogni fase di lavoro e senza di lei, non ci sarebbe stato alcun “Dinamismo floreale”, conclude Trapassi. Franca, a noi l’ha detto, è già in fase di raccolta per il prossimo quadro infiorato.