Fissati per la prima volta criteri coerenti di valutazione delle Aree Marine Protette a scala mondiale: la ricerca è stata pubblicata su Science da 42 scienziati di tutto il mondo. Tra gli autori anche l’italiano Paolo Guidetti della Stazione Zoologica Anton Dohrn.
Uno pubblicato oggi su Science fornisce un nuovo quadro scientifico per comprendere, pianificare, stabilire, valutare e monitorare in modo coerente la protezione degli oceani nelle aree marine protette. Scritto da 42 scienziati esperti in scienze biologiche e sociali appartenenti a 39 istituzioni di sei continenti, l’articolo “The MPA Guide: A Framework to Achieve Global Goals for the Ocean” consentirà alla comunità globale di classificare, monitorare e valutare le Aree Marine Protette in modo coerente, permettendo nel contempo, su scala locale, di pianificare le misure di protezione di ogni AMP affinché vengano raggiunti gli obiettivi prefissati.
Unico scienziato italiano a firmare l’articolo è Paolo Guidetti, Dirigente di Ricerca del Dipartimento di Ecologia Marina Integrata presso la Stazione Zoologica Anton Dohrn – Istituto Nazionale di Biologia Ecologia e Biotecnologie Marine. “La Guida – ha affermato Paolo Guidetti – è uno strumento straordinario per poter valutare lo stato e la reale efficacia della Aree Marine Protette di ogni tipologia su scala mondiale, così da riorientare nello stesso tempo le politiche di conservazione globali verso benefici reali per la natura e la società”.
Permettendo una migliore comprensione basata sull’evidenza scientifica in merito a “quanto” mare stiamo realmente proteggendo, per la prima volta, la Guida fornirà un supporto al raggiungimento dell’obiettivo di proteggere e conservare almeno il 30% di mari ed oceani entro il 2030, un impegno preso dai leader di tutto il mondo alla riunione della Convenzione sulla Diversità Biologica (CBD) a Kunming, in Cina, nell’agosto 2021. Sebbene le aree marine protette siano uno strumento centrale per la conservazione di mari ed oceani, attualmente c’è una grande confusione sui molti e diversi tipi esistenti, ognuno dei quali produce differenti risultati per la società e la natura. Ad esempio, alcune aree consentono la pesca, l’acquacoltura e l’ancoraggio, mentre altre no. Chiaramente, ciò che si ottiene in termini di risultati di conservazione dipende dalle attività che sono consentite o meno. In assenza di chiarezza, questa confusione rischia di minare i grandi sforzi fatti per invertire la perdita di biodiversità. Questo è particolarmente preoccupante nel caso di tratti di mare che non siano chiaramente protette dagli impatti di attività altamente distruttive e/o eccessivamente estrattive.
Grazie a questo contributo, la comunità globale potrà contare su un linguaggio unico e coerente per una analisi quali-quantitativa delle aree marine protette di tutto il mondo e guidare le proprie scelte sul livello di protezione necessario per raggiungere obiettivi prefissati, evitando di ritardare ulteriormente le soluzioni di cui abbiamo urgente bisogno per prevenire il rapido declino della salute dei nostri mari ed oceani.
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