Le previsioni per le spese delle famiglie indicano un +2.580 euro all’anno con inizio nel 2022, ma la tendenza è in crescita. I pastifici chiedono alla grande distribuzione un aumento sulle consegne di febbraio. E le bollette?
Roma – A dicembre le previsioni della Banca d’Itala per il 2021 davano la crescita del PIL pari al 6,2% e, per l’anno appena iniziato, una flessione fino al 4%. Effetto della pandemia ma non solo; spinte negative anche dalla produzione, dalle forniture, dai rifornimenti e dai trasporti internazionali. Nello studio viene anche precisato che: “…l’inflazione potrebbe risultare più elevata di quanto previsto se le quotazioni energetiche dovessero mantenersi su livelli più a lungo di quanto ipotizzato e se fosse maggiore la trasmissione della dinamica salariale del recente forte incremento dei prezzi al consumo”. Ma è stato praticato qualcosa di immediato e definitivo su sconti e nuove tariffe per le bollette?
Nel frattempo, i prezzi del consumo quotidiano sono già in forte ascesa: per effetto dell’aumento del 27,5% della farina nei supermercati il pane comune sfuso è già difficile trovarlo, alcuni forni hanno fatto sapere che limiteranno la produzione soltanto a due tipi. La carne bovina supera aumenti del 30%, mentre la suina è data al 25%, mediamente oltre il 20 per quella di polli e tacchini. Prezzi folli per frutta e verdure. Dunque farina, pane e pasta costeranno ogni giorno di più almeno stando all’aria di fronda che gira nell’ambiente dei grandi molini e pastifici. In una recente intervista sul Sole 24 Ore, Vincenzo di Vella ha confermato un ulteriore aumento del 12% del prezzo della pasta da febbraio, spiegando: “Tra giugno e oggi, il prezzo del grano alla Borsa di Foggia è cresciuto del 90%. Un rincaro che non avremmo mai potuto ammortizzare da soli, basta pensare che per noi la semola rappresenta il 60% di tutto il costo di produzione della pasta poi gli altri aumenti su tutti gas +300% e l’elettricità. Per questo a gennaio abbiamo chiesto alla grande distribuzione altri 12 centesimi al chilo. Un aumento, questo, che dovrebbe diventare effettivo con il rinnovo degli ordini alla fine di questo mese”. Secondo la Coldiretti i costi delle semine del grano per la pasta sono raddoppiati 50% a partire dai prezzi delle sementi, dei carburanti e dei ricambi per rotture ai mezzi agricoli. “Nonostante questo il grano duro italiano – sottolinea la Coldiretti – è pagato agli agricoltori nazionali meno di quello proveniente dall’estero che pesa per il 40% sulla produzione di pasta. La produzione importata in Italia, soprattutto dal Canada, è ottenuta peraltro con l’uso del diserbante chimico glifosato in preraccolta, vietato in Italia.…Per fermare le speculazioni a livello internazionale e garantire la disponibilità del grano occorre lavorare per accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali…”.
Già ma questi accordi ci sono? E se non ci sono, sarà possibile realizzarli?La stessa Coldiretti ricorda ”… ci sono per incrementare la produzione di grano in Italia dove si raccolgono 3,8 milioni di tonnellate (-3% rispetto all’anno precedente) che fanno della Penisola il secondo produttore mondiale ma anche il principale importatore perché molte industrie anziché garantirsi gli approvvigionamenti con prodotto nazionale hanno preferito acquistare sul mercato internazionale approfittando delle basse quotazioni dell’ultimo decennio.” Domanda: dov’è la stangata? Risposta, semplice ma antica e tarlo di ogni buona economia: “nella speculazione“. Altro che “spinte” a comprare cibi italiani ed obblighi di etichette!