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Acqua potabile, l’Europa stringe sui PFAS ma l’Italia (Veneto in testa) rimane al palo
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La striscia

“Insieme a Cristina Guarda, Consigliere Regione Veneto per Europa Verde, ho scritto al Ministro Cingolani per indirizzare la sua attenzione verso i gravi effetti sull’ambiente e sulla salute dei cittadini provocati dai PFAS. Danni che un recente report dell’Agenzia europea dell’ambiente stima tra 52 e 84 miliardi di euro all’anno” – dichiara l’eurodeputata Eleonora Evi, co-portavoce nazionale di Europa Verde, che aggiunge: “In particolare, l’appello che rivolgiamo al Ministro riguarda il silenzio assordante dell’Italia sul tema, proprio mentre l’Unione Europea introduce limiti più stringenti per una serie di sostanze inquinanti presenti nell’acqua potabile, mentre diversi Stati membri hanno comunicato l’intenzione di introdurre restrizioni a tutti i PFAS entro luglio di quest’anno e mentre undici paesi dell’Unione hanno chiesto a gran voce alla Commissione di non consentire ulteriormente l’utilizzo di sostanze pericolose, inclusi i PFAS, nei processi di fabbricazione dei tessuti.

 In questo contesto di mobilitazione europea sui PFAS l’Italia risulta non pervenuta, e questa assenza è tanto più grave se consideriamo i drammatici livelli di inquinamento da PFAS registrati soprattutto nella Regione Veneto”. Aggiunge Cristina Guarda: “Trascorso un anno dalla entrata in vigore della nuova direttiva europea sull’acqua potabile, rimaniamo ancora in attesa della normativa italiana di recepimento. Servono limiti più stringenti per prevenire nuove contaminazioni da PFAS, non possiamo attendere nuovi disastri prima di intervenire”. “Chiediamo pertanto al Ministro Cingolani quali azioni urgenti intenda intraprendere per arginare un fenomeno allarmante, che nel nostro Paese fa registrare elevati livelli di presenza di sostanze perfluoroalchiliche in molti prodotti che finiscono sulla tavola degli Italiani. Il Ministro ha il dovere di intervenire per tutelare la salute dei cittadini, facendo sì che l’Italia si collochi in prima fila nel contrasto di un fenomeno che non possiamo e non dobbiamo continuare ad ignorare” – concludono Evi e Guarda.

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