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Italiano a Mariupol: “Tornati simboli vietati da Kiev, gente spera in ricostruzione”
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La striscia

(Adnkronos) – Si è tinta di arancio e nero oggi Mariupol, con ”gli abitanti che hanno mostrato dalle loro case o hanno indossato il nastro di San Giorgio, vietato dalle autorità di Kiev nel 2015”. E se ”la parata militare è stata rinviata per motivi di sicurezza a fine combattimenti”, circa ”duemila persone hanno partecipato alla cerimonia durante la quale è stato riaccesa la fiamma eterna in ricordo dei caduti della Grande Guerra patriottica, la Seconda Guerra mondiale”. Lo racconta all’Adnkronos il lecchese Vittorio Rangeloni, che da sette anni vive a Donetsk che questa mattina si è recato a Mariupol per partecipare alle manifestazioni. 

Un evento ”molto sentito” guidato da Denis Pushilin, leader della autoproclamata repubblica del Donetsk, e che ha registrato ”sullo sfondo diverse esplosioni provenienti dalle acciaierie Azovstal”, dove sono asserragliati i militari ucraini del battaglione Avoz. ”Ormai la gente non ci fa più caso, gli scontri sono circoscritti all’area industriale” e non hanno rovinato quella che è stata vissuta come ”una giornata di festa, una ricorrenza importante”, sostiene Rangeloni, vicino alle milizie filorusse del Donbass.  

Presente alla cerimonia anche ”due deputati arrivati da Mosca” oltre a Pushilin, al quale ”la popolazione ha presentato una serie di richieste pratiche riguardanti la ricostruzione della città. Hanno chiesto ad esempio quando verrà riallacciata la corrente elettrica, il gas”. 

Quella che descrive Rangeloni, autore del libro ‘Le mie cronache di guerra’, è una Mariupol con ”le strade completamente ripulite dalle macerie, dai rottami di veicoli, dai frammenti di bombe e di missili”, mentre ”si lavora per rimettere in sicurezza i palazzi”. La popolazione, sostiene, nutre ”una grande speranza”. Perché nonostante ”le esplosioni provenienti dall’Azovstal dimostrino che il conflitto non è ancora terminato”, a Mariupol ”la gente vuole credere che la città verrà ricostruita. La speranza è forte, c’è un grande desiderio di pace”. 

Intanto, dice Rangeloni, in città ”si nota una presenza militare meno invasiva rispetto al passato, il che rappresenta un segnale che la pace sta tornando e che il conflitto può essere lasciato alle spalle. Il grosso delle forze militari russe che erano presenti a Mariupol sono infatti state spostate su altri fronti”. Per il futuro, la popolazione locale ha accolto dalle ”autorità la promessa che Mariupol verrà ricostruita meglio di quanto fosse prima. Si punterà anche a trasformare la città, puntando sulla sua potenzialità turistica data dall’affaccio sul Mar Nero”. 

Per il destino dell’Azovstal, secondo Rangeloni, si dovrà attendere ”i prossimi giorni. La presenza ucraina all’interno dell’impianto è sotto il controllo dei militari e dei miliziani russi. E dal momento che non sembra esserci via di uscita, non c’è fretta”. Insomma, ”per non rischiare, per non mettere a rischio vite umane, ci si può permettere di attendere”. Con un finale che, anche secondo i filo-russi, non prevede l’opzione della resa da parte del reggimento Azov.  

”Dubito che si arrenderanno – dice Rangeloni – Hanno provato a temporeggiare con la programmazione delle evacuazioni dei civili, ma non penso abbiano via di uscita. Si sono rivolti alla comunità internazionale fino al Papa, ma penso che anche Kiev abbia dimostrato di non essere così interessata a fare di tutto per salvare i propri militari”. Insomma, conclude, ”ho l’impressione che si arriverà a un sacrificio per creare questo mito della resistenza e degli invincibili. Narrazione che verrebbe a mancare se deponessero le armi”. 

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