Con l’ascesa di Fratelli d’Italia, cambia anche il paradigma della politica nel governare i temi dell’ambiente. Innovazione, difesa e spiritualità nella visione della destra. Che manda in soffitta l’ambientalismo per rilanciare l’ecologia. Con Papa Francesco e Pierpaolo Pasolini tra i riferimenti culturali
La destra italiana mette la freccia. E l’ecologia conservatrice sorpassa l’ambientalismo. Il partito di Giorgia Meloni rivendica una visione del mondo “alternativa al materialismo ambientalista” che gli eredi di Paolo Colli hanno l’occasione unica di rilanciare in questa tornata elettorale. Quarant’anni dopo la fondazione di “Fare Verde” da parte dell’indimenticato ecologista, per i patrioti con la natura nel cuore arriva un redde rationem storico. Tuttavia, non privo d’insidie. Fratelli d’Italia è chiamato a governare le contraddizioni di un’epoca in cui sarà necessario tenere insieme la salvaguardia degli ecosistemi con lo sviluppo economico. La dipendenza dalle fonti fossili con l’aumento delle infrastrutture rinnovabili. L’economia agricola identitaria con la sua competitività sul mercato globale. Tutti temi che finora si sono affrontati con i paradigmi dell’ambientalismo di sinistra, ma che i conservatori italiani sembrano pronti a padroneggiare. Con l’unica parola d’ordine che dal greco, già serba in sé il concetto primitivo di “casa”: ecologia. Con Papa Francesco e Pierpaolo Pasolini tra i riferimenti culturali.
Un tema già posto da Nicola Procaccini, responsabile ambiente ed energia di Fratelli d’Italia, durante l’incontro che ha organizzato per la firma della dichiarazione sull’emergenza climatica da parte di Giorgia Meloni, in stretta collaborazione con il Partito dei Conservatori e dei Riformisti Europei del quale è la presidente (ECR Party). Quel giorno c’eravamo anche noi.
Onorevole, la Presidente Meloni ha avuto modo di spiegare più volte in questa campagna elettorale quale sia la ricetta di Fratelli d’Italia contro la crisi energetica. Tetto al prezzo del gas, aumento delle infrastrutture per l’autosufficienza e mix energetico. I problemi dell’ambiente però non finiscono qui. Appena due mesi fa l’ISPRA ha fotografato un consumo di suolo che in Italia cementifica una media di 19 ettari al giorno, il valore più alto negli ultimi dieci anni. Come facciamo coesistere la crescita economica con la salvaguardia delle aree naturali?
E’ necessario porre un freno al consumo di territorio. Privilegiando dove possibile la demolizione e la ricostruzione con criteri di ottimizzazione ed efficientemente energetico ma laddove questo non basti, noi guardiamo con particolare interesse ad una famosa legge promossa e approvata dai conservatori inglesi. E’ una norma che istituisce le green belts, cioè le cinture verdi a protezione dei centri abitati. Si tratta di una fascia di rispetto all’interno della quale non è possibile edificare, da mantenere verde, con giardini, orti o boschi. E questo ha chiaramente anche un ruolo importante in quanto a riduzione delle emissioni di Co2. E’ una celebre legge inglese che noi vorremmo provare a reinterpretare in chiave italiana.
Rimaniamo sul tema della convivenza tra aree urbanizzate e aree naturali. E’ nelle cronache di tutti i giorni la presenza di animali selvatici in città, come lupi e cinghiali. Come intendete affrontare questo tema?
Per quanto riguarda i lupi, arrivati a questo punto pensiamo che affrontare questo problema con misure di abbattimento selettivo sia necessario. E d’altra parte per un certo tipo di animalismo questo viene percepito come una crudeltà, in realtà si tratta di intervenire a beneficio degli esseri umani. Si tratta di fare delle scelte, ma la politica è anche fare delle scelte tra le priorità. Nel caso dei cinghiali che imperversano nelle grandi città invece, intanto bisognerebbe evitare i “pull factor”, come i rifiuti. Poi anche qui, il controllo del numero attraverso l’attività venatoria è una delle soluzioni. Noi non siamo contro la caccia, altrimenti dovremmo bandire anche il commercio di carne animale, che prevede l’uccisione dopo una vita vissuta spesso in allevamenti intensivi senza mai vedere la luce del sole. La caccia rappresenta una tradizione primordiale che intendiamo rispettare. Viceversa tolleranza zero verso tutte quelle forme di crudeltà che purtroppo spesso ci capita di affrontare in cronaca. E massima severità contro il bracconaggio. Cerchiamo di mantenere l’equilibrio avendo chiaro però che dal nostro punto di vista, esseri animali ed esseri animali non sono sullo stesso piano. Sono su piani diversi perchè gli uomini sono a immagine e somiglianza di Dio. E questo non li deresponsabilizza dal loro ruolo di custodi della natura. Un aspetto spirituale della nostra ecologia che si distingue dal materialismo dell’ambientalismo delle sinistre.
La linea di Papa Francesco con l’enciclica Laudato si‘?
Esattamente.
Accanto al potenziamento delle fonti rinnovabili, come intendete raggiungere la prima riduzione delle emissioni di gas serra entro il 2030?
Esistono delle tecnologie per la cattura di Co2 che sono emerse negli ultimi anni e che vanno adottate. D’altra parte, per noi è inconcepibile dire “passiamo alle rinnovabili” senza fare il giusto percorso per convertire l’economia. Finchè sarà necessario dovremo approvvigionarci anche di energia da fonti fossili. Ma è chiaro che l’obiettivo è quello di raggiungere il prima possibile la totalità di produzione energetica da fonti rinnovabili, senza forzature ideologiche tipiche delle sinistre. Come accade soprattutto a Bruxelles, dove io faccio l’europarlamentare. Noi pensiamo che il percorso vada affrontato avendo anche la pazienza di attendere la maturazione delle giuste tecnologie.
Agroalimentare. Cosa ne pensate dei nuovi cibi, sintetici e non, dei prodotti in cui si interviene sulla genetica e che modello agricolo avete in mente?
Filiera corta e biologico sono una peculiarità dell’agroalimentare italiano che va valorizzato. Cibo sintetico? La trovo una cosa forzatamente ideologica, un pò cool, radical chic. E’ il solito discorso: ogni sfida va affrontata con buonsenso e con la giusta dose di realismo. Sugli OGM invece noi abbiamo avuto sempre una posizione molto critica, che non abbiamo però nei confronti di tutte le innovazioni tecnologiche da applicare all’agroalimentare. Una delle nostre fissazioni è l’agricoltura di precisione, il cosiddetto agrotech. Si deve favorire e finanziare l’innovazione tecnologica che consente nello stesso tempo di proteggere l’ambiente e migliorare la produzione agricola. Questo è il modello da applicare in agricoltura ma si tratta di un paradigma da esportare anche in altri campi, come anche per l’allevamento.
Cosa risponde a chi dice che questo potrebbe portare la tecnologia a sostituire il lavoro umano?
Penso che questa sia una deriva irrazionale. L’innovazione tecnologica valorizzerà la tradizione non la cancellerà. Ci sarà chi continuerà a produrre con metodi tradizionali ed è giusto che si possa continuare a farlo. Ma la tradizione italiana avrà da beneficiare dell’innovazione tecnologica.
In chiusura. Perchè ecologia e non ambientalismo?
“Ecologia” già nella sua etimologia greca, la parola “ecologia” custodisce in sé la parola “casa”, cioè “oikos”. E quindi la missione di custodire. L’ambientalismo ha una visione materialista del tutto. Io, come Giorgia (Meloni nda), vengo dalla scuola di “Fare Verde”, la prima associazione di destra che si è occupata di ambiente dal 1986. Il suo fondatore, Paolo Colli, morto prematuramente a causa dell’uranio impoverito che lo ha ammalato in Kosovo dove faceva volontariato, ha allevato tutti noi con un pensiero ecologista sincero. E il nostro manifesto lirico lo ha scritto Pierpaolo Pasolini, nella sua ultima poesia “Saluto e augurio”. “Difendi, conserva, prega!”. Un manifesto ideale strepitoso.