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Ministero del Mare, cosa cambia (e occhio alle trappole)
M

La striscia

Elena Livia Pennacchioni
Elena Livia Pennacchioni
Vedo il mondo da 1 metro e 60, l'altezza al garrese del mio Attila. Sono l'addetta stampa della biodiversità, romana di nascita e veronese d'adozione, ma con il cuore ha in Umbria. Scrivo di animali, piante e qualche volta di come l'uomo riesce a salvarli!

Non è ancora nato e c’è già chi dice “ni”. Del Ministero del Mare, che con il disegno di legge del 2018 depositato in Senato è un cavallo di battaglia di Fratelli d’Italia, i portatori d’interesse parlano con prudente cautela. C’è “ni” degli armatori, che per voce di alcuni illustri esponenti fanno sapere che preferirebbero di gran lunga starsene al sicuro del Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile. Dove le istanze del trasporto marittimo sarebbero rappresentate prioritariamente rispetto a tutti gli altri temi della blue economy, tutela degli ecosistemi compresa. D’altra parte, è la tutela degli ecosistemi stessa a piazzare un analogo “ni” motivato da una questione pragmatica: se si parla di terra, il presidente di un parco nazionale dovrà parlare con il Ministro dell’Ambiente. Se si parla di acqua, rivolgersi a quello del Mare. E le spiagge, le mettiamo di qua o di là? Un affare che potrebbe complicare la vita a chi gestisce un territorio con lo sbocco a mare, dalle Cinque Terre a Pantelleria.

Il Disegno di Legge per l’istituzione del Ministero del Mare è sbarcato nel dicembre ‘18 in Commissione Affari Costituzionali del Senato, a prima firma Adolfo Urso. Da lì non si è mai mosso per ovvie ragioni di agibilità politica. Ma adesso che il vento è cambiato, sarà la vecchia opposizione a fare il nuovo Governo. Ed è già arrivata la chiamata per tirarlo fuori dal cassetto. Si tratta di una di quelle misure “di visione” tanto care a Giorgia Meloni, sulle quali gli aspetti pragmatici potranno aggiustarsi cammin facendo. Ma che potrebbe nascondere anche alcune trappole, tese da interessi particolari che potrebbero far fatica a coesistere. 

“Il controllo sul mare – si legge nel disegno di legge – il corretto svolgimento delle attività economiche, la tutela dell’ambiente marino, la salvaguardia del trasporto umano e la sicurezza della navigazione sono competenze attualmente ripartite in diversi Ministeri, senza quella necessaria e doverosa visione comune e univoca delle problematiche legate alla vita in mare. Con il presente disegno di legge si intendono riportare nell’ambito di un unico dicastero le funzioni e i compiti che hanno un collegamento con il mare, con la sua tutela, le sue risorse, il suo ecosistema e i trasporti marittimi”. E nello specifico, si accorperebbero le competenze di tre dicasteri: Transizione Ecologica (protezione dell’ambiente marino), Agricoltura (filiera ittica), Infrastrutture e Mobilità Sostenibile (trasporti, navigazione, autorità portuali). Dove s’incardinerebbe l’altro grande stravolgimento del Comando generale del Corpo delle capitanerie di porto, che transiterebbe dal MIMS al Mare.

Giorgia Meloni non ha mai perso occasione di rivendicare quella del Ministero del Mare come una battaglia-bandiera di Fratelli d’Italia, ribadendo la necessità di “valorizzare la blue economy come asse strategico per l’Italia. La quale, per morfologia e posizione geografica, si colloca come una piattaforma al centro del Mediterraneo con 8.000 chilometri di coste”. Riuscirà la prima premier (in pectore) donna della storia della Repubblica, a sviluppare un’economia davvero sostenibile tenendo insieme le necessità del 20% del traffico marittimo mondiale che di qui passa, con l’istituzione ad esempio delle aree marine protette già deliberate, che aspettano di essere concretizzate dal 1991? Tra Tirreno e Adriatico, solcano il mare il 27% delle linee di transito container, oltreché il 30% dei flussi di petrolio e gas nord-sud ed est-ovest (compreso l’oleodotto di Trieste). Quale sarà l’equilibrio tra il trasporto merci e quello turistico, che ha un importante ricaduta anche sul territorio dell’entroterra? Domande ancora retoriche, alle quali si potrà cominciare ad avere una risposta solo quando verrà resa pubblica la figura-guida del nuovo Ministero.

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