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Il vajo Borago è salvo: l’ultimo canyon alle porte di Verona non diventerà un vigneto
I

La striscia

Elena Livia Pennacchioni
Elena Livia Pennacchioni
Vedo il mondo da 1 metro e 60, l'altezza al garrese del mio Attila. Sono l'addetta stampa della biodiversità, romana di nascita e veronese d'adozione, ma con il cuore ha in Umbria. Scrivo di animali, piante e qualche volta di come l'uomo riesce a salvarli!

È salvo l’ultimo canyon naturale che si apre nella valle alle porte di Verona. I trentotto ettari del Fondo Alto Borago non verranno convertiti a vigneto mentre per gli altri 951 circostanti ricominceranno gli aggiornamenti topografici, i monitoraggi naturalistici e le analisi geologiche. Una vittoria della comunità che abita in quest’ultimo lembo di antica biodiversità tra Negrar di Valpolicella e Avesa e che, dopo una mobilitazione generale in previsione dell’asta pubblica dei terreni, è riuscita a strapparlo ai progetti dell’agricoltura intensiva. Una storia a lieto fine, inizio di una nuova avventura. Della quale il Parco Natura Viva di Bussolengo farà parte insieme alla sua Fondazione ARCA, con i “Guardiani del Territorio”. Così è sintetizzato il corso di formazione dedicato agli insegnanti della scuola secondaria, che prende il via il prossimo giovedì 26 gennaio per proseguire i successivi 9 e 23 febbraio. L’obiettivo è unico: diffondere la conoscenza di un territorio ancestrale, tanto vicino alla città quanto poco conosciuto. E che, dopo la prima fase conclusa con l’affidamento della gestione dell’area all’associazione “Il Carpino”, dovrà essere mantenuto, studiato e reso fruibile alla cittadinanza. 

Un lavoro che la paleontologia ha già avviato da decenni grazie alla catalogazione di fossili di pesci, crostacei, tartarughe marine e terrestri, grossi semi e palme da parte del Museo di Storia Naturale di Verona. Un vajo, quello del Borago, frequentato dall’uomo sin dal Paleolitico che ha rischiato in quest’epoca di vedere i suoi prati aridi trasformati in superficie vitata intensiva, senza soluzione di continuità con gli altri 8.400 ettari coltivati in Valpolicella. Come d’altronde è già accaduto negli ultimi quindici anni a quelli dell’adiacente Zona Speciale di Conservazione “Val Galina e Progno Borago”. Sarebbe stato un addio alle numerose specie di orchidee selvatiche rare (alcune in allegato II della direttiva Habitat). Ma anche ai carpini, agli ornielli, ai faggi e ai tassi, insieme alle farfalle, ai succiacapre, agli assioli e ai falchi pecchiaioli. Per non parlare del fatto che anche il fondo del vajo, nella sua zona carsica in cui scorre il torrente tra le pareti di roccia, sarebbe stato alterato dall’inquinamento prodotto dai fertilizzanti agricoli. “La tutela dell’ambiente – spiega Katia Dell’Aira, responsabile del settore educativo del Parco Natura Viva – passa attraverso l’impegno di ognuno di noi: la storia della conservazione della natura annovera grandi iniziative di tutela, ma è necessario anche l’impegno delle popolazioni locali per affermare la possibilità di decidere del destino dei propri territori. Questo è uno di quei casi a lieto fine, che rappresenta un esempio di mobilitazione per la protezione dell’ambiente nelle mani di tutti noi”. 

I “GUARDIANI DEL TERRITORIO”

Il corso di formazione ha il patrocinio dell’Ufficio Provinciale Scolastico di Verona, è gratuito, rivolto agli insegnanti della scuola secondaria e si articolerà con gli interventi di Katia Dell’Aira, Marta Tezza, Tommaso Sandri (Parco Natura Viva, Fondazione ARCA), Leonardo Latella, Sebastiano Andreatta (Museo di Storia Naturale di Verona), Mario Spezia, Aurora Allegrezza, Flavio Coato (Il Carpino APS), Isolde Quadranti (Radici dei diritti), Eleonora Migno, Giorgio Menchini (COSPE).

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