L’agricoltura biodinamica compie 100 anni. E da Roma, presenta il “Manifesto Terra non guerra” per una nuova agroecologia. Già Sottoscritto da numerosi esponenti mondiali dell’agroecologia, il mondo del biologico si compatta al 38° Convegno Internazionale della Biodinamica in corso fino al 19 maggio, per ripensare un sistema agroalimentare costretto oggi a fronteggiare una piena economia di guerra. Occhi puntati al 2027, quando – secondo il Piano Strategico Nazionale – l’Italia dovrà raggiungere il 25% di suolo agricolo coltivato a biologico. Un obiettivo ora più lontano, secondo l’Associazione per l’Agricoltura Biodinamica, all’indomani del via libera da parte del Consiglio Europeo alla revisione mirata della Pac 2023/27. Ampio spazio nel Manifesto al ruolo degli animali in biodinamica, obbligatori in ogni azienda per puntare all’autosufficienza dei mezzi di produzione.
“Una revisione della Pac timida dal punto di vista sociale, perché non offre le giuste risposte alle richieste avanzate dalla “protesta dei trattori”. E rischiosa dal punto di vista ambientale, perché prevede una riduzione di tutti i presidi ambientali senza sanare davvero i problemi degli agricoltori”, osserva in apertura Carlo Triarico, presidente nazionale di ASAB. “Oltre a non incentivare i consumatori ad acquistare qualità”. Un tema, quest’ultimo, al centro della tre-giorni romana alla quale partecipano ricercatori, agricoltori e divulgatori di profilo internazionale. Tra i quali Jean-Michel Florin, consigliere della Biodynamic Federation e Nadia El-Hage Scialabba, ecologa, ex-dirigente della FAO e ricercatrice del Swette Center dell’Università statale dell’Arizona. “L’Italia è il primo esportatore europeo di prodotti biodinamici – aggiunge Triarico – conta circa 4.500 aziende agricole con una superficie media di 30 ettari che non fanno uso di pesticidi nè sostanze chimiche di sintesi, nelle quali terreno, piante, animali, uomini e ambiente mirano all’autosufficienza. I nostri agricoltori riescono ad essere presenti sui mercati che contano, con prodotti di alta qualità e profonda competenza agronomica che tutelano la salute e l’ambiente. Questo è il modello produttivo sul quale scommettiamo per uscire da un momento in cui l’agricoltura non remunera più il lavoro, i costi produttivi diventano insostenibili e chiudono decine di migliaia di aziende agricole italiane”. I dati indicano che tra il 2010 e il 2020 le aziende agricole siano diminuite del 30%, accorpate da grandi latifondi industriali.
Spazio nella nuova agroecologia anche al ruolo imprescindibile degli animali, per la fertilità del suolo e per la rotazione delle colture. “Gli animali negli allevamenti intensivi pongono il problema non più rimandabile della sofferenza animale e delle patologie umane”, conclude il presidente di ASAB. “In agricoltura biodinamica alleviamo animali in un organismo agricolo vivente, nel quale le vacche hanno un minimo di 5.000 mq a testa. Gli animali mangiano il foraggio aziendale, sono vietate le mutilazioni e la stabulazione fissa, i piccoli devono stare con la madre. Fare biodinamica significa rivedere in toto l’intero rapporto che l’uomo ha con gli animali e di conseguenza, generare una nuova forma di economia, circolare e solidale”.