Siamo abituati a conoscere l’asino come il più domestico e il meno nobile degli animali da reddito. Eppure, in alcuni habitat naturali dell’Africa orientale, sopravvive ancora la specie selvatica (Equus africanus) che – circa 6.000 anni fa – diede origine alla domesticazione di quello che nei millenni, è divenuto il più importante collaboratore dell’uomo. “Criticamente minacciato” di estinzione secondo l’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura, l’asino selvatico africano saluta la nascita di un piccolo allo Zoo di Berlino.
È venuto al mondo da meno di due settimane ed è uno dei puledri più rari al mondo. Lunghe orecchie appuntite, zampe ad anelli e profondi occhi neri: il piccolo asino somalo (Equus africanus somaliensis, sottospecie dell’asino selvatico africano) fa parte di una delle mandrie più grandi d’Europa, che conta un totale di 8 esemplari.
“Dal 1979 allo zoo di Berlino sono nati 56 asini selvatici somali. Una prole preziosa, perché i ricercatori presumono che ci sopravvivano circa 25-200 individui nel loro habitat naturale”, sottolinea Christian Kern, direttore zoologico del Tierpark di Berlino. “Oggi questi animali affascinanti passano quasi inosservati ma un tempo vivevano nelle regioni desertiche e nelle savane dell’Africa nordorientale. Poi il bracconaggio per carne, l’utilizzo per scopi medicinali e l’enorme scarsità d’acqua hanno messo la popolazione nelle condizioni di spostarsi in una ritirata forzata sugli altipiani rocciosi dell’Etiopia e dell’Eritrea”.
Una popolazione diminuita del 95% negli ultimi 35 anni. Che nutre una grande speranza nell’allevamento (e nelle reintroduzioni in natura) da parte dei parchi zoologici.
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